Greenwashing: cresce l’attenzione per l’ambiente, ma attenzione alla pubblicità ingannevole!

È tempo di correre. I cambiamenti climatici e tutte le questioni legate direttamente e indirettamente all’ambiente sono sempre più parte integrante del dibattito pubblico. Questo perché gli effetti inerenti a tali problematiche diventano, giorno dopo giorno, più tangibili. E allora sì, è giunto il momento di agire concretamente per invertire la marcia di un processo che sembra essersi avviato sulla strada dell’irreversibilità.  A tal proposito, molte aziende – di ogni ambito e specie – hanno modificato la propria produzione in modo da renderla più green e sostenibile. Ma sarà davvero così? Il dubbio sorge quando, nostro malgrado, si verificano fenomeni come quello del Greenwashing.

Si tratta di una pratica, illegale, che alcune aziende hanno applicato nel pubblicizzare i prodotti che erogano. Ovvero, una vera e propria truffa ai danni dei consumatori… e dell’ambiente!

Greenwashing: cos’è e perché alcune aziende ne hanno abusato

Il concetto di base è semplice: aziende x decidono di definire sé stesse e i propri prodotti ecosostenibili attraverso le pubblicità, ma la trasmissione del messaggio e il messaggio stesso sono tutt’altro che veritieri. C’è chi ha definito questo modus operandi come “ambientalismo di facciata”. Le ragioni per cui molte società e imprese lo hanno applicato sono essenzialmente due: la prima riguarda il posizionamento nei motori di ricerca; la seconda, invece, è riuscire ad attrarre l’utenza mostrando una mission green che, però, non rispecchia la realtà della produzione.

Quanto alla questione digitale, è chiaro che essendo ben indicizzati tutti i termini e le immagini legate alla questione ambientale, le aziende hanno scelto di sfruttarle per trovare un posizionamento premiante. Mentre nel secondo caso è la vendita ad essere il focus principale. Un modo per rispondere alla domanda adeguando l’offerta. Certo, ma in maniera illegale.

Potremmo sintetizzare il tutto in una strategia di marketing ben precisa che ha lo scopo trarre in inganno. Aggiungiamo anche che, in alcune circostanze, tali sponsorizzazioni sono subdole e non esplicite come si potrebbe pensare, per cui è più facile cadere nella trappola.

Quindi come ci si difende? Come si riconosce una pubblicità ingannevole? È presto detto.

Partiamo dal presupposto che un prodotto per essere definito green deve ottenere un’approvazione; per cui si dovrebbe trovare, ad esempio sull’involucro di un detersivo, la certificazione specifica. Quando invece nella descrizione si legge vaghezza un dubbio può e deve sorgere spontaneo. In altri casi le aziende che fanno Greenwashing tendono ad utilizzare immagini i cui colori richiamano le palette associate al mondo del green. Per cui bisogna diffidare dalle speculazioni e cercare bollini di garanzia e certificazioni ufficiali, anche sui siti web.

Il Greenwashing in Italia

Premessa: le statistiche nazionali e internazionali registrano che oltre la metà dei consumatori è disposta a pagare di più per qualsiasi tipo di prodotto purché sia realmente ecofriendly. Un dato ambivalente: da una parte attesta l’impegno ingannevole delle aziende nel rendersi più appetibili, dall’altra, però, le mette anche in guardia. I fruitori non si lasciano abbindolare facilmente. Nel nostro Paese, fino al 2014, non era stato ratificato un riferimento legislativo specifico per questa tipologia di truffa. Era l’Antitrust ad occuparsene. Attualmente a supervisionare sulla questione è l’Autorità del Garante della Concorrenza e del Mercato.

Attente, aziende, i consumatori sanno quello che fanno!

Chiudiamo rivolgendo un monito alle aziende che adottano strategie di marketing poco consigliabili. Una ricerca condotta da Treedom, piattaforma che consente di piantare alberi a distanza e finanziatrice di progetti agroforestali, alcuni mesi fa, ha messo in luce quanto sia importante per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti residenti nelle grandi capitali europee sapere di essere assunti in un’azienda attenta alle politiche ambientali.

È emerso che su un campione di 7mila persone il 64% non solo vuole avere contezza delle azioni svolte in tal senso dall’azienda per cui lavora, ma vuole anche essere coinvolto.

Inoltre, l’indagine rivela anche che la preoccupazione per le future generazioni è particolarmente elevata; pertanto, l’attenzione verso tutto ciò che riguarda l’ambiente e le best practice da applicare in merito è sempre in crescendo. Attente, aziende, i consumatori sanno quello che fanno e sanno riconoscere il Greenwashing!

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