Erasmus, plus dell’Europa

La sua storia continua ininterrottamente dal 1987. Ha trentasette anni ed il suo fascino risulta sempre irresistibile. Anzi, più passano gli anni e più migliora. Si rinnova, ma rimane sempre terribilmente attraente per via delle opportunità che offre. La sua impronta si nota immediatamente, lascia un segno inequivocabile ed una mentalità più aperta. Il suo nome richiama quello di un umanista che tra il XV ed il XVI secolo girò l’Europa per conoscere e comprendere le differenti culture. La sua mamma, se così vogliamo definirla, è una pedagogista romana, classe 1934, che nel 1969 ebbe un’intuizione: consentire agli studenti universitari di muoversi in Europa, svolgendo parte del loro piano di studi presso una Università straniera, previa approvazione del Consiglio di Facoltà. Il programma Erasmus, che dal 2014 ha aggiunto il segno matematico “+” alla fine del nome, con l’intento di sottolineare che i suoi ambiti di intervento sono aumentati, è unanimemente considerato come una delle best practice del Vecchio Continente. Forse, si può parlare della migliore decisione che i politici potessero prendere.

Erasmus, la rete sociale dell’Europa

Dal 1987 ad oggi, non ha solo coinvolto più di 13 milioni di cittadini, ma ha affermato l’identità dell’Europa e promosso i suoi valori più nobili: la libertà individuale e quella di circolare all’interno dei confini dell’Unione, l’uguaglianza, l’integrazione, il rispetto e la democrazia. Promuovendo la mobilità degli studenti, ha favorito la nascita di nuove relazioni, di connessioni tra Università e di rapporti umani. In una parola, reti. Se non ci facessimo condizionare dall’accezione del termine che contempla i servizi presenti sul web, si potrebbe affermare che il programma Erasmus+ è un vero social network. Del resto, una rete sociale è formata da un gruppo di individui uniti tra loro da legami di diversa natura.

Istruzione, Formazione, Gioventù e Sport, il plus del programma Erasmus

In questi giorni, dal 14 al 19 ottobre, in tutta Europa si celebrano i giorni dedicati all’Erasmus. Sei giornate che, come recita lo slogan generale, fanno brillare il Vecchio Continente. Le stelle che lo illuminano si chiamano istruzione, formazione, gioventù e sport. 4 ambiti che dal 2014 hanno conferito un valore aggiunto al programma.


I numeri, di anno in anno, crescono in maniera esponenziale. Se si prendono in considerazione i dati sulla mobilità, l’Italia è il quarto Paese d’Europa per numero di studenti che lasciano la loro comfort zone per andare a vivere un’esperienza in un Paese UE o in uno Stato extra UE aderente. Sul fronte dell’accoglienza, invece, il Bel Paese è il secondo per preferenze.

Solo nel 2023, 16.000 studenti e 10.000 insegnanti (dati INDIRE) hanno chiuso le loro valigie e raggiunto una sede estera per beneficiare di un’opportunità formativa e di crescita personale. Viaggi che hanno aumentato la loro consapevolezza, elevato la loro cultura, fortificato il senso di comunità educante e di Europa. Per tutti coloro che hanno svolto un periodo di studio o un tirocinio grazie al programma di mobilità europeo, l’Erasmus è stato una palestra di vita, una sfida con cui misurarsi ed un processo di internazionalizzazione in chiave sociale.

Erasmus+ è un bene, un moltiplicatore di valore e un’occasione per spiccare il volo o compiere il definitivo salto di qualità. Secondo un’analisi del Prof. Timothy Shaftel della School of Business del Kansas, un ex Erasmus su tre ha ricevuto una proposta di lavoro nel luogo dove ha risieduto all’estero. In più, la generazione Erasmus ha impiegato meno di un anno per trovare lavoro, mentre dopo 10 anni dalla laurea ha avuto una maggiore possibilità di ricoprire una posizione gestionale all’interno delle aziende. Se si passa alla comparazione dei numeri sulla disoccupazione, il team del Prof Shaftel ha rivelato che la percentuale degli inoccupati nei 5 anni post laurea è sensibilmente più bassa per coloro che hanno svolto un periodo di formazione all’estero, rispetto al resto dei laureati.

Erasmus, plus dell'Europa
L’Italia è la seconda meta più scelta dagli studenti universitari europei per svolgere il programma Erasmus. Dal 2014 al 2021, ben 190 mila giovani sono stati ospitati dalle nostre Facoltà.

Quel segno più alla fine di Erasmus, insomma, sembra fare la differenza. E la sta facendo anche in un settore, come quello sportivo, che migliora la qualità della vita delle persone. Le attività del programma europeo in questo ambito mirano a sostenere quelle azioni che incentivano le relazioni e i partenariati tra club ed organizzazioni sportive continentali, ma anche ad offrire un’esperienza in grado di sviluppare le competenze gestionali, manageriali e tecniche dei protagonisti dello sport.

Avviate solo nel 2022, le azioni Erasmus+ per il comparto dello sport, grazie anche agli oltre 28 miliardi di euro messi a disposizione dall’UE fino al 2027, contribuiranno a conferire una dimensione continentale al settore, aumenteranno la partecipazione delle persone alla sana attività fisica e motoria e aiuteranno i cittadini ad adottare dei corretti stili di vita.

Erasmus come leva sociale

Comprendere il potenziale del programma è facile. Descriverlo, invece, diventa più difficile, soprattutto per chi non ha colto una simile opportunità. Ancora più Erasmus per i giovani e per chi crede in un’Europa democratica, solidale, equa e libera, verrebbe da dire. Rendere il programma accessibile a tutti è la sfida più grande. I numeri sono impressionanti, ma se paragonati alla popolazione studentesca o al numero di club sportivi che operano all’interno dei confini nazionali, allora si ha la sensazione che c’è molto da fare. A tutti i livelli. Dalla comunicazione all’informazione, passando per la promozione delle opportunità e la valorizzazione delle giornate ad esso dedicate, Erasmus+ merita maggiore attenzione per il suo ruolo di leva sociale che migliora lo status dei singoli cittadini e di tutta l’Europa.

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