Buone notizie per il mondo del lavoro: nel Bel Paese cresce il numero di occupati. I dati incoraggianti, in tal senso, fortificano la linea intrapresa dal Governo Meloni; il Premier infatti si dice pienamente soddisfatta del lavoro svolto sino ad ora, concetto puntualizzato anche dal Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci, che sui social ha condiviso: “Anche questa volta, i dati evidenziano che le politiche messe in campo dal nostro Governo per aumentare l’occupazione stanno funzionando”.
L’Istat, in effetti, registra una crescita quasi costante, guardando a determinati parametri, come ad esempio il numero di occupati. Tuttavia, valutando altri elementi, pare chiaro che c’è ancora molto da fare sul piano dell’instabilità e sul versante dell’inattività perché il segno “più” caratterizza anche questi due aspetti.
Istat: cresce l’occupazione in Italia
Ma procediamo per gradi. Nella nota di ragguaglio sui dati inerenti al mese di luglio, l’Istat scrive: “A luglio 2024 il numero di occupati supera di 9 mila unità la soglia dei 24 milioni […] Il numero di occupati supera quello di luglio 2023 di 490mila unità: +437mila dipendenti permanenti, +249mila autonomi e -196mila dipendenti a termine”. Dunque, prendendo in esame solo questi due paragrafi è inevitabile accogliere con favore la stabilità raggiunta e ciò che questa rappresenta per il mondo dell’occupazione.
Cresce il numero di lavoratrici e lavoratori in periodo storico estremamente complesso. In particolar modo, l’istituto di statistica italiano evidenzia che ad aumentare è il numero di donne lavoratrici; ancora una polarizzazione interessante verso il “più”. Il tasso di occupazione, in toto, sale al 62,3% e quello di disoccupazione scende al 6,5%.
Ma allora perché questo scenario non sembra riflettere la realtà? Un motivo c’è. Perché, sebbene sia stato fatto un lavoro proficuo relativamente alle nuove assunzioni e alla crescita in generale dell’occupazione, restano da risolvere le questioni legate invece all’inattività e alla disoccupazione giovanile.
Aumenta il numero degli inattivi
Ad esempio, il numero di inattivi, ovvero di persone che non sono occupate e che non cercano lavoro, è in aumento: in numeri, per il solo mese di luglio, si parla di + 73 mila unità. Il dato si riferisce alla fascia di età 25-49 per entrambi i sessi. Ma cala per quanto riguarda gli under 24 e gli over 50.
L’Istat poi fornisce un ulteriore parametro su cui riflettere: “confrontando il trimestre maggio-luglio 2024 con quello precedente (febbraio-aprile 2024) si osserva un incremento nel numero di occupati (+0,3%, pari a +83mila unità)”, fin qui sembrerebbe che il percorso sia lineare, perfetto.
La nota, però, prosegue: “La crescita dell’occupazione osservata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-4,5%, pari a -82mila unità) e all’aumento degli inattivi (+0,5%, pari a +64mila unità)”. Gli inattivi, pertanto, rappresentano uno dei nodi da sciogliere perché si possano celebrare senza ombre i risultati raggiunti.
Sul tema disoccupazione (persone che sono alla ricerca di un lavoro), invece, come già riferito, il dato è positivo. Sempre che non si guardi alle fasce di età più giovani per le quali il tasso si attesta al 20,8%; o ancora che non si faccia troppa attenzione al gap che riguarda gli uomini e le donne (19 i punti di distanza in tema di disoccupazione).
Gli occupati autonomi
La flessione verso l’alto che è attinente al numero di occupati si caratterizza per un fatto: sono in crescita i lavoratori autonomi. Un fattore indice di come il mercato del lavoro stia cambiando e anche di uno sviluppo sempre più concreto di un processo iniziato quattro anni fa.
Durante le prime fasi della pandemia da Covid-19, infatti, l’attenzione verso il work-life-balance, o le criticità sul posto di lavoro come il mobbing e il burnout, è aumentata in maniera esponenziale, tanto da dare vita al fenomeno delle Grandi Dimissioni prima negli USA, poi nel resto del mondo. La vita oltre il lavoro, o meglio, il benessere della persona è adesso una delle priorità, se non la priorità assoluta.
Lo dimostra anche la 34esima edizione dell’Indagine sui Giovani e Lavoro condotta dalla GIDP, ovvero l’associazione dei Direttori delle Risorse Umane, presentata a Milano a inizio agosto. Millennial e Generazione Z hanno modificato il proprio approccio al lavoro e hanno ridefinito le priorità.
“Le aziende – ha spiegato in tal senso Marjna Verderajme, Presidente di GIDP – si trovano di fronte a un vero e proprio cambio di paradigma, in cui le priorità dei giovani stanno ridefinendo il mercato del lavoro”. Il che si traduce, oltre alle già citate necessità, anche in un maggiore coinvolgimento sulle progettualità, ma anche il metodo selezionato dall’azienda per rendersi sostenibile, soprattutto a livello ambientale.
Questo elemento può essere determinante per quel che riguarda il lavoro autonomo che, senza dubbio, consente una gestione diversa del proprio tempo. L’Istat, a tal proposito, certifica che nell’ultimo anno gli autonomi sono cresciuti di 249 mila unità (oltre 5 mila il booster di luglio). Dunque, il boom del settimo mese dell’anno è in larga parte dovuto a questa particolare trama. Sia chiaro che sono stati somministrati anche contratti a tempo determinato e indeterminato, ma questa tendenza verso l’autonomia potrebbe definire nuovi scenari.