Giustizia riparativa: tra ordinamento penale, evoluzione culturale e politiche sociali

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Grazie alle parole degli Avvocati Patrizia La Rosa e Giorgia Venerandi, del Dott. Giancarlo Amato, Procuratore Capo della Procura della Repubblica del Tribunale di Velletri, e di Emanuele Blandamura, ex pugile Campione europeo dei pesi medi, risorse.news ha analizzato i pregi della giustizia riparativa, cercato di capire che cosa stia frenando la completa attuazione del nuovo paradigma introdotto dalla Riforma Cartabia ed esaminato il ruolo della rete sociale e come questa, grazie al Terzo Settore e al mondo dell’associazionismo sportivo, possa intervenire in un programma riparativo.

Giovedì 27 giugno, presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro (sala appartenente al Senato della Repubblica italiana), si è tenuto il convegno “Evoluzione culturale della giustizia riparativa: pregi teorici e difetti pratici”. Voluto fortemente dal Senatore Gianni Berrino, le illustri personalità intervenute nel ruolo di relatori hanno affrontato il tema a 360°, secondo il loro punto di vista, il loro impegno quotidiano al servizio della società o dei cittadini e la loro esperienza. Dal diritto penale all’evoluzione culturale, passando per la psicologia ed il coinvolgimento del mondo del Terzo settore e dello sport, sono state considerate e valutate tutte le implicazioni della nuova forma di risoluzione del conflitto introdotta dalla Riforma Cartabia.

 

La giustizia riparativa ed il suo approccio relazionale

Il nuovo paradigma giuridico ha introdotto un salto culturale ed aperto nuovi orizzonti. La giustizia riparativa non è un sistema alternativo al processo, bensì complementare. Non vuole sostituire le sanzioni, ma offrire un approccio relazionale. Mette in contatto vittima, autore del reato e società, grazie anche all’intervento di una terza figura, imparziale ed adeguatamente formata, denominata mediatore. Si affianca all’ordinamento retributivo e riabilitativo e lavora sulla relazione rotta dal reato. Commettere un illecito, un crimine, un’infrazione o un errore non vuol dire soltanto trasgredire l’ordinamento penale, bensì rompere un patto con il tessuto sociale. Attraverso i suoi programmi, realizzati anche con il coinvolgimento di associazioni e protagonisti della società civile, la giustizia riparativa prova ricomporre quella frattura.

Obiettivi del paradigma introdotto dalla Riforma Cartabia

Secondo il decreto legislativo 150 del 2022 (Riforma Cartabia), gli obiettivi di quella che viene chiamata anche con il nome di Restorative Justice sono: promuovere il riconoscimento della vittima del reato e la responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa; ricostruire la relazione tra i partecipanti e i legami con la comunità; riparare l’offesa; facilitare il riconoscimento reciproco.

Oltre ai tre protagonisti citati (vittima, autore del crimine e comunità scelgono liberamente di aderire alla giustizia riparativa indipendentemente dall’ipotesi di reato e dal grado del procedimento), le altre figure che svolgono un ruolo cruciale sono il giudice ed il mediatore. Se il primo deve decidere senza necessariamente pacificare, il secondo, viceversa, è chiamato a pacificare senza decidere.

 

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