Europee: votare vuol dire far sentire la propria voce

Secondo il sondaggio “Youth and Democracy Report” della Commissione Europea, per il 41% dei giovani dell’Unione (parliamo di una platea che comprende la fascia di popolazione tra i 16 e i 30 anni) votare è il modo più efficace per far sentire la propria voce (al secondo e al terzo posto, rispettivamente con il 33% ed il 30%, ci sono le opzioni “prendere parte ad una manifestazione o a proteste” e “creare o firmare petizioni”). Eppure, nonostante ciò, c’è il sentore che alle prossime elezioni europee (in Italia si vota sabato 8, dalle 15:00 alle 23:00, e domenica 9 giugno, dalle ore 07:00 alle 23:00) la percentuale di astensionismo tra le giovani generazioni possa toccare vette mai viste, contribuendo così ad un possibile record negativo del numero di aventi diritto che nel nostro Paese si saranno recati alle urne.

L’allarme è stato già lanciato. Il rischio che si raggiunga un’affluenza inferiore al 50% è concreto. Se così fosse, verrebbe da pensare che nel sistema democratico si stia insinuando un bug pericolosissimo, un sintomo di una crisi da non sottovalutare.

Nel 2004, in Italia votarono il 71,72% degli aventi diritto. Il dato relativo all’affluenza issò il nostro Paese ai primi posti in Europa, scavalcato solo da Lussemburgo (91,35%), Belgio (90,81%), Malta (82,39%) e Cipro (72,50%). 5 anni più tardi la percentuale scese al 66,47%, per poi toccare il 57,22% nel 2014 ed il 54,50% alle ultime consultazioni del 2019. Ora, invece, c’è uno spettro ancora più tetro, quello di un astensionismo che potrebbe rivelarsi il primo partito d’Italia.

votare europee
Il parlamento europeo a Strasburgo

Contro lo spettro dell’astensionismo

Da più di un mese, le pagine social della Commissione Europea e delle altre istituzioni continentali sono intente a mandare messaggi sull’importanza dell’esercitare un diritto che è alla base della democrazia e che la Costituzione italiana, all’articolo 48, considera una dovere civico. “Usa il tuo voto. O altri decideranno per te” è un ritornello che cerca di contrastare l’indifferenza dei cittadini, soprattutto di quelli più giovani, verso la vita sociale e politica del Vecchio Continente. In questo momento storico, non mostrare interesse o partecipazione alla res publica, locuzione latina che accostiamo appositamente all’attività politica, è a dir poco preoccupante.

Perché i giovani non votano?

Ed allora, perché c’è tutta questa disaffezione e disinteresse da parte delle nuove generazioni? La risposta l’ha fornita il cantautore Ultimo, al secolo Niccolò Moriconi. Intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, il vincitore di Sanremo 2018 nella categoria “Nuove Proposte” con il brano “Il ballo delle incertezze” ha sottolineato due aspetti: da una parte, che i giovani sono “senza punti di riferimento”; dall’altra, che la politicanon parla ai ragazzi e non ci prova neppure”.

Il non parlare o il non saper parlare in maniera transgenerazionale non può e non deve diventare una scusa. L’interesse di un giovane under30 per tematiche che segnano il nostro tempo e che interessano la nostra quotidianità non dovrebbe mai venir meno. Le vie della comunicazione e dell’informazione sono infinite. Se proposte e programmi elettorali non arrivano tramite i canali mainstream, che per i giovani possono essere le piattaforme sociali, possono essere rintracciati nella fluidità del web. Basta un click per farsi un’idea e capire per quali principi la classe politica si batterà.

Votare per contare su questioni importanti

Dal lavoro all’ambiente e alla crisi climatica, passando per i diritti civili, la salute, il welfare, la famiglia, la scuola e l’università, la difesa dei confini, la tutela delle nostre eccellenze agroalimentari, le transizioni verde e digitale e pure per le risorse pubbliche che garantiscono lo sviluppo economico, ogni argomento lambisce o tange la nostra vita. Anche, e soprattutto, quella di un giovane al quale l’Europa offre possibilità e opportunità uniche, come studiare, viaggiare o lavorare in un altro Paese dell’Unione, grazie ad uno dei suoi programmi di mobilità.

Migliorare lo status quo e gli interessi di una comunità che, oggi, annovera 440 milioni di elettori appartenenti a 27 Nazioni è un obiettivo. Per farlo, però, serve esercitare il proprio dovere: votare. Votare è un atto di responsabilità, un’espressione del nostro impegno civico. È conferire un mandato ad un eurodeputato o ad una eurodeputata che ci rappresenterà per i prossimi 5 anni. È altresì mostrare interesse verso la cosa pubblica e i reali problemi della nostra società. Che non sono mediati da uno schermo in cui troppo spesso ci si immerge o ci si perde. Presentarsi alle urne significa esistere e fare il proprio dovere, affinché l’Italia, uno dei Paesi fondatori dell’UE, sia ancora protagonista. Quell’espressione serve. Eccome, se serve.

Come si vota e che cosa faranno gli europarlamentari?

Sabato 8 e domenica 9 giugno, rinnoveremo il Parlamento europeo – l’unica istituzione che i cittadini dei 27 Paesi dell’UE possono eleggere -, esprimendo sulla scheda elettorale fino ad un massimo di tre preferenze. Affinché il voto non sia dichiarato nullo, è indispensabile che le nostre indicazioni rispettino i seguenti principi: i candidati devono appartenere alla stessa lista; i tre nomi non siano dello stesso genere (non è possibile scrivere il nome ed il cognome di tre donne o di tre uomini).

76 eurodeputati italiani, ovvero più del 10% delle 705 persone che occuperanno gli scranni di Strasburgo e Bruxelles, riceveranno la nostra fiducia. Avranno un ruolo centrale sulle questioni legislative, ma anche per quanto concerne le attività di supervisione e l’elaborazione e l’approvazione del bilancio, comprendente anche le voci sulla destinazione e ripartizione delle risorse economiche ai Paesi dell’UE. Eleggeranno il Presidente della Commissione ed approveranno la Commissione in quanto organo, riservandosi pure di votare una mozione di censura che obbliga di fatto l’organo esecutivo a dimettersi.

 

Il voto è il primo passo per avviare il cambiamento. Come sottolinea il profilo Instagram della Commissione Europea in Italia, non dovremmo mai dare la democrazia per scontata. Quindi, decidiamo di contare: esprimiamo il nostro parere con un voto.

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