Plastica: da grande innovazione a nemica giurata del Pianeta

La storia della plastica è affascinante. Tra le grandi innovazioni che hanno inteso migliorare e agevolare i processi quotidiani dell’essere umano, la plastica ha avuto e ha tuttora un ruolo decisamente rilevante. I tempi in cui si è affermata come materiale imprescindibile non sono lontanissimi; l’era della plastica, d’altra parte, ha avuto inizio alla metà del Novecento, un secolo di enormi cambiamenti culturali e industriali. 

Oggi siamo al “Il Pianeta contro la plastica” che non è il titolo di un film, ma il tema stabilito da Earthday.org per la 54esima edizione dell’Earth Day (che si celebra ogni anno il 22 aprile). La ONG, da sempre impegnata nella salvaguardia della salute del Pianeta, ha colto l’occasione per ribadire l’urgenza di una riduzione massiva della produzione, del 60% per essere precisi, entro il 2040. Un obiettivo ambizioso, supportato da un piano strutturato che richiede il coinvolgimento di studenti, genitori, imprese, governi, chiese, sindacati, individui e ONG. 

Un capovolgimento lesto, un paradosso significativo: dalla rivoluzione alla ricerca costante di alternative, di nuove possibilità che richiedono un’inversione di marcia e nuove abitudini che escludano, o quanto meno che limitino il più possibile, l’utilizzo della plastica.

Earthday.org: il piano per “liberare il mondo dalla plastica”

Quello del 60% sembra essere un dato utopistico, impossibile da raggiungere. Ma Earthday.org ha stabilito delle linee guida che se seguite pedissequamente potrebbero portare al raggiungimento dell’obiettivo. 

In primo luogo, secondo la ONG, sarebbe indispensabile promuovere una “diffusa consapevolezza pubblica del danno arrecato dalla plastica alla salute umana, animale e a tutta la biodiversità e richiedere che siano condotte ulteriori ricerche sulle sue implicazioni sulla salute”. Secondo poi, tornerebbe utile andare a eliminare la plastica monouso entro il 2030 e provare quindi a raggiungere l’impegno di eliminazione progressiva previsto dal Trattato delle Nazioni Unite sull’inquinamento da plastica nel 2024.

Un altro aspetto che Earthday.org ritiene fondamentale riguarda il fast fashion, considerata l’enorme quantità di plastica che il fenomeno produce. In tal senso, oltre alle ragioni etiche che mettono il fast fashion nel mirino dei governi del mondo, sono le motivazioni ambientali a destare maggiori preoccupazioni (tema discusso, tra l’altro, in Europarlamento lo scorso 23 aprile). 

Infine, la ONG chiede maggiori investimenti in tecnologie e materiali innovativi per estromettere la plastica dalla quotidianità dei cittadini del mondo. 

Kathleen Rogers, Presidente di Easrthday.org, ha definito “Pianeta contro plastica” una vera e propria “chiamata alle armi”, una richiesta “di agire ora per porre fine alla piaga della plastica e salvaguardare la salute di ogni essere vivente sul nostro pianeta”.  

E a proposito di consapevolezza pubblica, Rogers aggiunge: “Nel caso della plastica, siamo diventati il ​​prodotto stesso: scorre attraverso il nostro flusso sanguigno, aderisce ai nostri organi interni e trasporta con sé metalli pesanti noti per causare cancro e malattie. Ora questo prodotto, un tempo ritenuto straordinario e utile, è diventato qualcos’altro e la nostra salute e quella di tutte le altre creature viventi sono in bilico”.

I numeri nel mondo

Tanto per chiarire ulteriormente i pericoli legati alla salute, Earthday.org condivide una serie di numeri interessanti. In primo luogo, quelli inerenti alla produzione della plastica, che è cresciuta fino a superare i 380 milioni di tonnellate all’anno. Basti pensare che negli ultimi dieci anni è stata prodotta più plastica di quanto ne sia stata prodotta nell’intero XX secolo.  

Tutta questa plastica è stata prodotta da un’industria petrolchimica con un record pessimo di emissioni tossiche, fuoriuscite ed esplosioni”, spiega Denis Hayes, Presidente emerito dell’organizzazione. “La plastica – aggiunge – viene prodotta in impianti inquinanti che in qualche modo sembrano essere sempre situati nei quartieri più poveri. Alcune materie plastiche sono letali se bruciate; altre plastiche trasmettono sostanze chimiche che alterano gli ormoni; e tutta la plastica può far morire di fame gli uccelli e soffocare la vita marina. In ogni fase del loro ciclo di vita, dal pozzo petrolifero alla discarica cittadina, la plastica rappresenta una pericolosa piaga”.

Ancora guardando ai dati diffusi sul tema, nel 2023 sono stati prodotti oltre 500 miliardi di sacchetti, vale a dire circa un milione di sacchetti al minuto. Ammesso che i sacchetti arrivino alla disintegrazione, l’ONG invita a riflettere sul fatto che il materiale resta sotto forma di microplastiche; particelle, quasi infinitesimali, che si infiltrano ovunque e che continuano a vivere. 

I numeri in Italia

Ancora in tema di numeri, l’Italia è il secondo Paese consumatore di plastica in Europa; questo è quanto attesta il rapporto realizzato da ECCO, primo think tank italiano indipendente e senza scopo di lucro sul cambiamento climatico, fondato nel 2021. 

Il documento indica che nel 2020, primo anno di pandemia, sono state consumate 5,9 milioni di tonnellate di polimeri fossili, corrispondenti a quasi 100 kg a persona. Inoltre, proseguendo nella lettura emerge che: il 42% della plastica consumata nel Bel Paese viene utilizzata nel settore degli imballaggi, prodotti caratterizzati da un impiego di breve durata; in pratica si fa riferimento a prodotti destinati a diventare scarti. 

Ampliando il focus e travalicando i confini, “il 99% della plastica vergine viene prodotta utilizzando come materie prime petrolio e gas naturale e i combustibili fossili vengono impiegati anche per la generazione del calore necessario durante il processo produttivo. Ciò comporta l’immissione in atmosfera di circa 1,2 kg di CO2 per ogni kg di plastica, considerando la sola fase di produzione”. 

Se poi si tiene conto anche delle emissioni di CO2 relative all’estrazione e alla raffinazione dei combustibili fossili, per la produzione di 1 kg di plastica si arriva a contare un totale di circa 1,7 kg di emissioni dirette di CO2. 

“Gli umani sono responsabili”

In generale, dati poco incoraggianti che potrebbero subire delle mutazioni se si agisse in tempi celeri e con impegno e dedizione. L’Europa si muove cercando di affrontare la sfida “salviamo il Pianeta” lavorando su più fronti, ma resta un tema che lo scorso anno Guterres, Segretario Generale dell’ONU, ha sviscerato con grande schiettezza: l’assunzione di responsabilità, una presa di coscienza collettiva che non deve distribuire colpe, ma stimolare ogni singola persona a fare del proprio meglio per evitare cambiamenti irreversibili.  “Per gli scienziati  – ha detto Guterres – è inequivocabile: gli umani sono responsabili […] I leader devono guidare, ma basta esitazioni. Basta scuse. Basta aspettare che gli altri si muovano per primi“.

 

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