Quello dell’istruzione è un percorso necessario; l’intento è trasferire e permettere l’acquisizione di conoscenze e abilità disciplinari e non. Ecco perché è così determinante durante la crescita di un individuo. Ottenere un diploma non è il fine ultimo, o meglio, non è l’unico: la formazione serve a rendere chiare le sfumature caratteriali ed emozionali, a permettere di avere una visione completa di sé stessi e una prospettiva concreta sul futuro. Tutte tematiche imprescindibili le une dalle altre.
Nonostante sia pienamente riconosciuto all’istruzione un ruolo di tale rilevanza, i dati attuali restituiscono l’immagine di un Paese, il nostro, dove crescono, a vista d’occhio, le disuguaglianze e dove proliferano fenomeni come dispersione e abbandono scolastico. Le analisi effettuate in merito chiariscono che le motivazioni per cui si verificano tali eventi sono diverse; mancanza di stimoli, inefficienza delle strutture scolastiche, situazioni culturali e socio-economiche difficili, provenienza etnica e così via.
Nell’equazione consideriamo anche le criticità emerse durante le prime fasi della pandemia. Le fasce di età più giovani hanno dovuto fare i conti – come tutti ma in maniera più aspra e penalizzante – con la quasi totale mancanza di socialità.
Inoltre hanno trovato sul proprio cammino la DAD che ha generato due diverse problematiche: la prima inerente all’utilizzo di dispositivi elettronici, di cui non tutte le famiglie erano e sono dotate; la seconda legata all’apprendimento in quanto tale. Lo sforzo degli istituti e contestualmente degli insegnanti non ha arginato le complessità della didattica a distanza.
Certo, il discorso è più ampio di così: il Covid ha colto tutti impreparati. Il peso più gravoso della una catastrofe inattesa è ricaduto tuttavia sulle spalle dei più fragili e di chi, nonostante sia solo alle prime battute della vita, dovrà ricoprire un ruolo fondamentale nel nostro tessuto sociale e lavorativo. Le ragazze e i ragazzi che oggi non interrompono il proprio percorso formativo rappresentano un tassello mancante nel puzzle del futuro. Una sconfitta di tutti e per tutti.
Dispersione scolastica e abbandono scolastico: di cosa stiamo parlando?
Prima di procedere con l’analisi dei fenomeni di dispersione e abbandono scolastico, riportiamo alcuni dati utili a comprendere quanto effettivamente la situazione sia complessa. Un recente rapporto Eurostat, agenzia europea di statistica, stabilisce che nel 2020 l’abbandono scolastico in Italia si attestava al 13,8%. Il Bel Paese occupa una delle ultime posizioni della classifica europea. L’obiettivo condiviso dai Paesi dell’Unione Europea è portare la percentuale sotto il 9%. Se all’apparenza il numero riguardante l’Italia non sembra essere così critico, dobbiamo ricordare che, nel 2022, ogni Stato dovrebbe essere dotato degli strumenti necessari per ridurre la forbice e portare il dato vicino allo zero. Eppure non è così.
Ancora Eurostat, in merito all’abbandono, rileva non solo che nel 2021 l’Italia ha investito solo il 7,5% della spesa pubblica nella scuola, ma anche che il 12,7% delle studentesse e degli studenti ha lasciato i percorsi di istruzione con al massimo la licenza media.
Si riscontrano numeri simili, se non più allarmanti, se si guarda al popolo dei NEET, ossia quello delle ragazze e dei ragazzi di età compresa tra i 14 e i 29 (35 se si considerano persone ancora coabitanti con i genitori) che non studiano né lavorano. Confluiscono in questo riferimento, ovviamente, la dispersione e l’abbandono scolastico.
In ultimo, a onor di cronaca, i dati confermano che è nel Sud della Penisola che questi fenomeni trovano terreno più fertile. Concetto che si estende anche all’alfabetizzazione e all’occupazione. Dunque, bisogna agire a livello nazionale, ma con particolare attenzione al meridione e alle isole.
Approntata una breve panoramica, torniamo alle definizioni. Per dispersione scolastica si intende: fenomeno che riguarda la discontinuità del percorso formativo che, pertanto, evidenzia le falle del sistema scolastico ed educativo. Dobbiamo fornire un ulteriore chiarimento; la dispersione comprende diversi episodi come: bocciature, periodi di pausa ingiustificati, ripetenze a oltranza e così via. L’abbandono, invece, mette un punto fermo alla carriera scolastica prima che venga completato il ciclo di istruzione triennale o comunque entro il compimento dei 18 anni di età.
Ma allora effettivamente cosa si può fare per riportare i giovani tra i banchi e agire in maniera concreta e corposa sulle problematiche che impediscono loro il completamento degli studi?
PNRR e altre iniziative: come riportare le ragazze e i ragazzi tra i banchi di scuola
Non sarà semplice arrivare alla soglia del 9% entro il 2030, così come auspica l’Unione Europea, ma le iniziative volte a contrastare questi fenomeni esistono. Così come sono numerose e numerosi le docenti e i docenti che nello spirito del ruolo educativo e formativo che ricoprono si battono ogni giorno per i singoli casi di abbandono e dispersione che si verificano nelle loro aule.
Ad ogni modo, ad ampio spettro, il primo riferimento interessante è al PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I fondi stanziati per agire contro abbandono e dispersione, al momento, si configurano nei primi 500 milioni di euro già assegnati, destinati agli istituti (3.198) di secondarie di primo e secondo grado selezionate sulla base di indicatori relativi alla dispersione scolastica e al contesto socio-economico. Gli interventi, che dovranno essere applicati entro il 2024, riguardano quindi ragazze e ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni.
Non solo risorse di Stato. Annoveriamo altre iniziative come quella promulgata da Oxfam Italia. In vista del rientro a scuola per l’anno 2022/2023, Oxfam Italia durante il secondo weekend di settembre ha tenuto a Firenze la quarta edizione di Oxfam back to School “Prendiamoci cura del futuro”, una giornata di workshop interamente rivolta ai docenti. L’intento è stato quello di discutere delle tematiche che portano alla dispersione e all’abbandono e, inoltre, di trovare soluzioni innovative per mettere un freno a tali fenomeni. Ciò attraverso l’introduzione di argomenti imprescindibili come: l’inclusività, le disuguaglianze di genere e la valutazione delle emozioni che possono determinare l’abbandono e la discontinuità.
Un altro elemento di cui non si può non tener conto: il dialogo, spesso al centro del dibattito quando si parla di scuola. Il dialogo tra docenti e studentesse/studenti, tra genitori e docenti, tra genitori e figlie/i. Tutti scambi necessari per ridurre gli eventi oggetto di questa analisi.
Alla base del cambiamento, in sostanza, deve sussistere il confronto che può sì essere coadiuvato dall’investimento di tempo e risorse, ma che deve anche nascere spontaneo e deve essere gestito nel miglior modo possibile, in modo che si crei coinvolgimento e che le problematiche vengano affrontate prima che le situazioni e/o le condizioni diventino irreversibili.
Elemento umano e risorse sono gli ingredienti per generare cambiamenti visibili e duraturi e non va dimenticato, soprattutto quando a fare le spese di un sistema statico e per certi versi indifferente sono le generazioni future.