8 marzo. Quando si fa riferimento alla Giornata Internazionale della Donna si materializzano nella mente, come per magia, immagini di grappoli di mimose, così vivide che pare se ne possa sentire il profumo. Una fragranza che sa di primavera, di novità, di speranza, di luce. Un disegno limpido che, attimo dopo attimo, però, appassisce fino a morire. Perché poi si rincorrono veloci e chiassose le notizie sul numero crescente di violenze e femminicidi, i dati avversi sul gender pay gap, le limitazioni imposte alla libertà personale e le barriere che, seppur in parte scardinate dalle nuove generazioni, riconoscono ancora alla donna un ruolo sociale definito e perentorio.
Proprio dalla libertà personale e dalle barriere sociali partono due iniziative politiche che si concretizzano nei giorni che precedono la Giornata Internazionale della Donna: l’ingresso ufficiale dell’interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione francese, e il referendum irlandese che intende ridefinire il ruolo della donna nella società.
Francia: l’aborto entra in Costituzione
780 i voti a favore, 72 quelli contrari: l’interruzione volontaria di gravidanza, dalla scorsa settimana, è ufficialmente entrata a far parte della Costituzione francese. Un primato che il Presidente Emmanuel Macron ha celebrato su X scrivendo “orgoglio francese, messaggio universale”. Poche parole, ma dirette. Lungo e scrosciante, invece, l’applauso che ha accompagnato gli esiti della votazione al congresso di Versailles.
Le modifiche introdotte nell’articolo 34 della Carta francese non lasciano margine di interpretazione: “La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà garantita alla donna di far ricorso ad un’interruzione volontaria della gravidanza”.
Un risultato che il Presidente francese ha scelto di celebrare proprio l’8 marzo dando appuntamento ai cittadini francesi, alle ore dodici, in Place Vendome a Parigi per onorare “insieme l’ingresso di una nuova libertà garantita nella costituzione con la prima cerimonia di sigillatura aperta al pubblico“, davanti al ministero della Giustizia.
La manovra politica, ad ogni modo, non era del tutto inattesa. Macron, lo scorso gennaio, aveva preannunciato delle “leggi progresso” rivolte a un fenomeno che caratterizza i numeri di molte Nazioni europee, ovvero quello dell’inverno demografico. In tale occasione, aveva fatto riferimento alle criticità che impedivano la crescita demografica, escludendo che tra queste vi fosse la possibilità di ricorrere all’interruzione di gravidanza.
Le altre voci
E non sono certo mancate le voci dissonanti. A partire dal Vaticano che difende il diritto alla vita, così come la conferenza episcopale francese. I vescovi francesi, a tal proposito, hanno diffuso una nota che invita alla riflessione: “Il nostro Paese si onorerebbe iscrivendo piuttosto la promozione dei diritti delle donne e dei bambini. Di tutti i Paesi europei, la Francia è l’unico dove il numero di aborti non cala ed è anche cresciuto negli ultimi due anni. Preghiamo soprattutto affinché i nostri concittadini ritrovino il gusto della vita, di darla, di riceverla, di accompagnarla, di avere e di allevare dei bambini”.
Numerosi anche i manifestanti scesi in piazza per esprimere un parere contrario alla decisione assunta al congresso di Versailles. Tra le maggiori preoccupazioni riferite ai media dai cittadini, un effetto collaterale che andrebbe a intaccare la possibilità dei medici di esercitare il proprio diritto di coscienza.
L’Irlanda al voto
La Francia ha già deciso, l’Irlanda si prepara al referendum. L’8 marzo le donne e gli uomini irlandesi si recheranno alle urne per determinare la cancellazione di due punti della Costituzione:
- Lo Stato riconosce che con la sua vita domestica la donna fornisce allo Stato un sostegno senza il quale il bene comune non può essere realizzato;
- Lo Stato dovrà quindi sforzarsi di garantire che le madri non siano costrette dalla necessità economica a impegnarsi nel lavoro trascurando i loro doveri domestici.
Gli irlandesi dovranno anche approvare l’introduzione dell’articolo 42b., secondo cui: “Lo Stato riconosce che la prestazione di assistenza reciproca dei membri di una famiglia in ragione dei legami che esistono tra loro, dà alla società un sostegno senza il quale il bene comune non può essere realizzato, e si sforza di sostenere tale prestazione”, e la nuova definizione di famiglia che prevede sì i rapporti basati sul matrimonio ma anche rapporti non determinati da un titolo bensì solo “durevoli”.
Facciamo un passo indietro. La Costituzione irlandese è stata redatta nel 1937. All’epoca si riteneva che dovessero esserci degli equilibri familiari ben precisi perché la società funzionasse. La decisione di superare questo tipo di impostazione nasce dal fatto che ancora nel 2024 i dati riferiscono di donne accuditrici, caregiver, molto più di quanto possano esserlo gli uomini; ad essere precisi il 98% di coloro che prestano assistenza in Irlanda a tempo pieno sono le donne (fonte: uno studio pubblicato da ActionAid Ireland e dal National Women’s Council).
Per di più, stando anche alle parole del Ministro per l’uguaglianza, O’Gorman, si tratta di un linguaggio superato, che non rispecchia più la società attuale. “Il posto di una donna è ovunque voglia che sia, sia nel mondo del lavoro, nell’istruzione o in casa”, ha riferito dunque il ministro interpellato sul tema dai media.
Giornata Internazionale della donna: la BBC analizza le modifiche alla Costituzione irlandese
La BBC, a ridosso delle votazioni, ha passato in analisi il testo e ha messo allo specchio i pareri dei favorevoli al cambiamento e degli attivisti che non lo sono.
Sulla questione inerente alla cura della famiglia, ora dunque destinata solo alla donna, le attiviste e gli attivisti contrari alle modifiche hanno spiegato che, dal proprio punto di vista, la nuova formula porterebbe scompiglio anche nella gestione dei disabili e degli anziani presenti in famiglia.
“Niente nella formulazione mi dà la certezza che si tratti di proteggere i diritti dei disabili e degli anziani“, ha raccontato l’attivista membro del gruppo recentemente fondato Equality Not Care Ann Marie Flanagan alla BBC. Poi ha proseguito: “Non ha niente a che fare con la cura, e non ha niente a che fare con i diritti delle donne”.
In qualche modo, Ann Marie Flanagan ha quindi dedotto che il referendum mira a proteggere lo Stato dai suoi obblighi nei confronti dei disabili. Essendo disabile dalla nascita Flanagan ha chiarito che nulla di quanto contenuto nelle modifiche alla Costituzione, così strutturate, restituirebbe una dignità, metterebbe solo in ombra le lacune dello Stato: “Sono sposata con mio marito e abbiamo un rapporto paritario e non abbiamo organizzato il nostro rapporto sulla base del fatto che lui sarebbe diventato il mio ‘assistente’”, ha quindi concluso la donna.
I risultati del referendum arriveranno sabato, subito dopo lo spoglio che inizierà alle 10.00 del 9 marzo. The day after.