13 settimane di vacanza prima di ritornare a scuola: un sogno per gli studenti, un incubo per i genitori italiani. Quando manca meno di un mese al suono della prima campanella, prende quota il dibattito sulla riorganizzazione del calendario scolastico. Dagli anni ’60 del secolo scorso ad oggi, nulla è cambiato. Le condizioni delle famiglie, soprattutto dal punto di vista occupazionale, invece sono differenti.
I genitori lavorano e godono di poche settimane di ferie, in alcuni casi anche sfalsate, ed i nonni spesso non possono essere disponibili ad accollarsi il peso e la responsabilità di badare a bambini e ragazzi. Inoltre, la capacità di spesa negli ultimi anni è diminuita. Non tutte le famiglie possono aprire il portafogli per pagare una babysitter o la retta di un centro estivo, che può pesare davvero parecchio sull’economia dei genitori.
Ed allora ci si domanda se non sia il caso di rivedere il periodo di relax estivo per gli alunni, magari riducendo il numero di giorni di meritato riposo. In Francia, in Germania e nel Regno Unito, del resto, il nuovo anno riprende al massimo dopo 8 settimane di interruzione, mentre in Grecia, Spagna e Portogallo le scuole rimangono chiuse per 10, massimo 12 settimane.
La proposta del Ministro: scuole aperte d’estate, su base volontaria
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ci sta riflettendo. Intervistato dal quotidiano La Stampa di Torino, il titolare del dicastero di Viale Trastevere ha avanzato alcune soluzioni per venire incontro alle richieste e alle esigenze dei nuclei famigliari. Tra queste, la possibilità di mantenere le scuole aperte durante l’estate, specificando immediatamente che la scelta di aprire le aule per accogliere gli studenti spetterebbe al singolo istituto scolastico in completa autonomia. Così facendo, si soddisferebbero le necessità di genitori lavoratori e si aiuterebbe l’alunno a colmare le lacune formative.
I sindacati contro il Ministro
La possibile soluzione del Ministro Valditara ha riscosso pareri favorevoli ma è andata incontro anche a diverse critiche. In primis, quelle dei sindacati. La CGIL, con a capo il Segretario generale Maurizio Landini, si è scagliata contro la proposta, definendola una sorta di spot del Governo. Per il numero uno della Confederazione Generale Italiana del Lavoro, bisognerebbe affrontare altre criticità con estrema urgenza, come il numero esiguo di docenti e gli investimenti per l’edilizia scolastica e gli asili nido, giudicati non ancora sufficienti.
Possibili sorprese alla riapertura delle scuole
I giorni di ferie intanto passano e l’anno scolastico è ormai alle porte. Si parte l’11 settembre con il primo giorno per le scuole di Piemonte, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Ma per molti alunni del nord, il ritorno in classe potrebbe riservare una sorpresa: la cattedra potrebbe rimanere vuota. Pochi insegnanti hanno deciso di spostarsi nelle regioni settentrionali a causa del caro-vita e del meccanismo di mobilità (salvo eccezioni, il docente titolare non può richiedere un ulteriore trasferimento o avvicinamento alla propria residenza prima di tre anni). In Emilia-Romagna, ad esempio, su 2.137 posti disponibili, di cui 1.861 di sostegno, con la call veloce (la procedura che consente di trasferirsi dalla propria regione o provincia per entrare prima in ruolo) sono arrivati soltanto 17 docenti. Questo, però, è un altro problema.