“Il vapore acqueo è sia una conseguenza che un motore del cambiamento climatico”, è così che Carlo Buontempo, direttore del C3S, Copernicus Climate Change Service, ha esordito spiegando uno dei temi più importanti e delicati del nostro periodo: il cambiamento climatico e l’aumento della condizione termica negli oceani.
Lo scorso anno ha misurato una condizione nettamente superiore alla soglia di 1,5 gradi (temeperatura globale) una situazione da record rispetto agli anni passati. Inoltre, il giorno più caldo annotato sulla terra è stato il 22 luglio 2024 con una temperatura media di 17,16 °C.
Ormai la preoccupazione non riguarda più il rischio del riscaldamento globale, ma la velocità con cui sta progredendo. E le frequenti alluvioni nel nostro Paese lo dimostrano.
Copernicus Climate Change Service: gli oceani protagonisti del cambiamento climatico
Il 2024 è stato classificato come l’anno più caldo del Pianeta e l’atmosfera ha rilevato un tasso di umidità maggiore rispetto all’anno precedente. Dati sugli oceani e l’atmosfera sono stati studiati dal Copernicus Climate Change Service e pubblicati nel Global Climate Highlights 2024.
Il livello del vapore acqueo atmosferico e il livello dell’innalzamento termico del mare sono ulteriormente aumentati. “La SST (Sea Surface Temperature) media annuale per gli oceani extra polari (60°S–60°N) ha raggiunto i 20,87°C; 0,51°C in più rispetto alla linea di base 1991–2020, battendo il record del 2023 (20,80°C)”.
Anche dopo l’influenza del fenomeno climatico El Niño, che ha comportato un riscaldamento globale soprattutto sulla superficie dell’Oceano Pacifico equatoriale centrale e orientale; il periodo da luglio a dicembre 2024 è stato classificato come secondo periodo più caldo.
Le conseguenze sull’ambiente marino degli oceani
Ma non solo una gran parte dell’Oceano Pacifico ha subito questo brusco e dannoso cambiamento. Anche le aree tropicali dell’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano hanno vissuto questo riscaldamento. I continui e costanti picchi e l’aumento del calore nella superficie del mare stanno distruggendo le barriere coralline. Nei Caraibi, ma non solo, si sta verificando un altro fenomeno, che è quella allo sbiancamento dei coralli.
La causa è da ricercarsi nell’innalzamento delle temperature marine, la crescita dell’acidità e dell’inquinamento che stanno causando gravi conseguenze all’ecosistema marino, compresa la barriera corallina. Oltre al fenomeno del coral bleaching, un altro effetto è la pesca che sta patendo ingenti danni. Nell’Oceano Indiano la popolazione marina, infatti, inizia a spostarsi e a trovare zone meno ostili.
Tuttavia, fenomeni meteorologici come El Niño e La Niña, non sono le uniche conseguenze di questo cambiamento. Gli oceani assorbono il 90% del calore in eccesso della Terra, “Ciò a cui stiamo assistendo è un accumulo incessante di energia, che altera in modo fondamentale gli ecosistemi marini e i modelli meteorologici”, afferma Samantha Burgess, vicedirettrice del Copernicus Climate Change Service.
Ma qual è il collegamento tra il Sea Surface Temperature e il vapore acqueo?
La condizione termica della superficie marina e il vapore acqueo sono estremamente collegati fra di loro attraverso processi fisici che regolano lo scambio termico tra atmosfera e oceano. Con l’aumento delle temperature marine, ava verso l’alto anche la crescita di vapore acqueo atmosferico che, poi, alimenterà sempre più fenomeni meteorologici estremi. Inoltre, il vapore acqueo che si crea dall’evaporazione oceanica assorbe radiazione infrarossa, contribuendo al riscaldamento atmosferico.
Nel 2024 ci sono state copiose inondazioni e precipitazioni in varie parti del mondo, come l’Asia meridionale e l’Europa occidentale. Questi fenomeni aumenteranno la loro frequenza perché uragani e tifoni otterranno energia dalle acque più calde e dall’aria ricca di vapore aumentando la loro forza distruttiva. Un esempio, l’uragano Helene, che nel 2024 ha colpito il Golfo del Messico e la sua intensità è salita da 2 a 5 in breve tempo, in meno di 24 ore.
L’importanza e la funzione degli oceani
L’oceano costituisce il 70% del nostro pianeta e, come citato precedentemente, assorbe il 90% del calore della Terra. Questo processo di assorbimento causa il riscaldamento, la deossigenazione e l’acidificazione delle acque, originando, in seguito, effetti a catena climatici disastrosi.
Una delle funzioni dell’oceano è quella di distribuire equamente il calore terrestre. Tuttavia, l’aumento delle temperature sta alterando questo processo, indebolendo, tra l’altro, la circolazione atlantica meridionale. Essendo particolarmente sensibile, il Mediterraneo viene monitorato con catene correntometriche, strumenti che misurano il segnale elettrico di una corrente.
La dott.ssa Karina Von Schuckmann, oceanografa fisica di Mercator Ocean International, in virtù dei suoi studi ha dichiarato: “L’oceano è la nostra sentinella per il riscaldamento planetario, in quanto è il principale serbatoio del calore in eccesso che si accumula nel sistema climatico terrestre a causa delle emissioni antropogeniche”. Quindi, grazie all’oceano si riesce preventivamente a monitorare il cambiamento climatico.
Le vie possibili/soluzioni per un ecosistema marino in salute
Con Green Deal Europeo, un insieme di iniziative politiche e piani d’azione per rendere sostenibile l’economia dell’Unione europea, sono stati attuati gli Indicatori di Monitoraggio Oceanico (OMI), come per il Mediterraneo, che controllano il riscaldamento degli oceani. La misurazione della Temperatura Superficiale del Mare (SST) fornisce dati importanti per modelli climatici, aiutando a prevedere eventi estremi, come uragani e alluvioni, tracciando anche il riscaldamento globale.
Tramite il controllo della salute delle barriere coralline, livelli di ossigeno e inquinamento vengono supportate politiche di conservazione, come ad esempio, la Strategia Marina UE. I dati satellitari, come Copernicus, combinati con modelli numerici ad alta risoluzione permettono analisi avanzate per la ricerca oceanografica.
Un continuo assorbimento di calore e CO2 da parte degli oceani rischia di innescare cicli di retroazione positiva, aggravando fenomeni come l’innalzamento del livello del mare e l’acidificazione, con gravi ripercussioni. Per una soluzione oceanica sostenibile, bisogna attuare interventi come la protezione degli ecosistemi marini e lo sviluppo di energie rinnovabili oceaniche che potrebbero contribuire al 21% delle riduzioni annuali di gas serra (accordo di Parigi).
@Photocredits Matilde Carducci