Guarda il video servizio sul convegno “L’importanza del riconoscimento dello sport nella Costituzione italiana”
A 15 mesi di distanza dall’introduzione della parola sport all’interno dell’articolo 33 della Carta Costituente, mercoledì 4 dicembre, al CONI, si è tenuto un convegno che ha analizzato le conseguenze giuridiche e le implicazioni sociali introdotte dalla modifica costituzionale. Promosso da OPES e realizzato con il contributo del Ministero della Cultura, “L’importanza del riconoscimento dello sport nella Costituzione italiana”, questo il nome dell’appuntamento formativo, ha offerto diverse chiavi di lettura, grazie alla qualità dei relatori intervenuti.
L’ultimo comma dell’articolo 33, “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”, è stato affrontato da ogni angolatura. Anche dal punto di vista semantico. Come ha ribadito il Professore Pieremilio Sammarco, il primo aspetto che bisogna sottolineare è l’assenza dell’espressione “diritto allo sport”.
Perché nell’art.33 della Costituzione non compare l’espressione “diritto allo sport”?
“Il legislatore – confida ai microfoni di Risorse.news Pieremilio Sammarco, Professore di Diritto comparato all’Università degli Studi di Bergamo – forse non ha avuto il coraggio di spingersi fino in fondo e riconoscere il diritto costituzionale allo Sport nella l’ultimo coma dell’articolo 33. Laddove il legislatore costituente ha voluto invece esplicitare che si tratta di un diritto fondamentale, lo ha scritto in modo molto chiaro (il riferimento è all’articolo 19, il diritto di professare liberamente il proprio credo religioso, e all’articolo 21, dove viene sancito il diritto di manifestare liberamente proprio pensiero). La dove c’è un diritto costituzionale legislatore lo esplicita”.
Le parole, insomma, fanno la differenza. Nel caso specifico dell’articolo 33 assume particolare rilevanza il verbo riconoscere. Il riconoscimento dello sport da parte della Repubblica è più di un semplice atto dovuto.
“L’augurio che ci facciamo – aggiunge Silvia Salis, Vicepresidente vicario del CONI – è che questo sia un primo passo, un riconoscimento che porti poi ad azioni concrete, che abbia una ricaduta sul territorio italiano, e che possa far sì che lo sport diventi finalmente un diritto”.
Dalla modifica all’articolo 33 alla Riforma dello sport, toccando diversi temi
Se l’articolo 33 della Carta fondamentale della Repubblica Italiana ha rappresentato il punto di partenza del convegno, non meno rilevanti sono state le altre tematiche ad esso correlate. In primis la riforma del lavoro sportivo, che ha conferito dignità alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto.
“La riforma del lavoro sportivo – commenta Fabrizio De Angelis, avvocato giuslavorista – era un’esigenza richiesta da più parti. Innanzitutto, da chi operava quotidianamente e doveva in qualche modo gestire i rapporti di lavoro tra gli operatori del settore e tutti i colori quali prestavano la loro attività lavorativa. E poi certamente c’è stato anche un input fortissimo, dato della Corte di Cassazione, che più volte ha sancito attraverso alcune pronunce la necessità fondamentalmente di dover trovare una modalità di specificazione di come doveva essere il lavoro sportivo”.
Il convegno di OPES non si è soffermato solo sul diritto, ha pure messo in relazione lo sport con diversi ambiti. La vicepresidente vicario del CONI, Silvia Salis, ad esempio, ha posto l’accento sulla salute e sul benessere psico-fisico dei cittadini.
“Un altro passo verso la garanzia dello sport come diritto – conclude Silvia Salis – passa anche dal farlo diventare una prescrizione medica. Spesso si associa erroneamente lo sport solo ai giovani e bambini, ma lo sport sarebbe fondamentale per tutte le fasce d’età. È incalcolabile la ricchezza che può generare un Paese che fa praticare attività sportiva ai suoi cittadini, anche a quelli appartenenti alla terza età. Credo che questo sia un tema da tenere in piena considerazione”.