Ha aperto i battenti ieri, 11 novembre, la COP29 di Baku (Azerbaijan). Al centro della conferenza sul clima: i diversi allarmi lanciati ad esempio dalla Wmo (l’Organizzazione meteorologica mondiale), le azioni finanziarie dedicate, e le controversie sul Presidente scelto, vale a dire Mukhtar Babayev, Ministro dell’Ecologia e delle Risorse naturali, ma anche ex dipendente della SOCAR, compagnia petrolifera statale dell’Azerbaijan.
COP29: si riparte dal transitioning away
Dubai ha ufficialmente passato il testimone. In queste ore, infatti si sta svolgendo la COP29 in Azerbaijan. Il Paese è certamente diverso, ma il messaggio resta lo stesso: il Pianeta non ha più tempo. Nella giornata di oggi, dedicata al summit con i leader mondiali, il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Yang, ha infatti chiarito: “La crisi climatica richiede un’azione urgente e decisa. Necessario rispettare gli impegni finanziari, aumentare i finanziamenti basati sulle sovvenzioni e mantenere vivo l’obiettivo di 1,5° C“.
Ancora più perentorio e deciso il commento del Segretario Generale dell’ONU, Guterres: “Quello che sentite è il rumore di un orologio che ticchetta. Questo è il conto alla rovescia finale per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi. Non abbiamo il tempo dalla nostra parte. Quest’anno sarà quasi certamente il più caldo mai registrato: una distruzione climatica. Se le emissioni non scenderanno, ogni economia si troverà a fronteggiare una enorme frenesia“.
Il 2024 è stato dunque l’anno più caldo di sempre e le previsioni dei prossimi anni non sembrano essere clementi. Durante la COP28 è stato avviato un percorso ben definito in tal senso; in quell’occasione, infatti, si è arrivati al raggiungimento dell’accordo transitioning away, dunque un’uscita graduale dalle fonti fossili. Un piano rivoluzionario che ha l’obiettivo di invertire la marcia e frenare le emissioni nella maniera più logica e ponderata possibile.
La COP29 rappresenta uno snodo importante perché è in questi giorni che può essere effettivamente fatto un primo bilancio. Il prossimo anno a Belém, in Brasile, avverrà la presentazione dei nuovi obiettivi e piani nazionali di riduzione delle emissioni al 2035, ossia i NDCs – Nationally Determined Contributions.
Crisi climatica e povertà
Un altro tema, sollevato anche da Yang, è quello dell’economia. In particolar modo per valutare le esigenze di tutti i paesi, soprattutto quelli più fragili e in difficoltà. Crisi climatica, guerre e povertà i temi affrontati dal rapporto UNHCR, ovvero l’Agenzia ONU per i rifugiati, diffuso in occasione della COP29. Il documento rileva numeri allarmanti, presenti e futuri: allo stato attuale sono oltre 120 milioni le persone in fuga nel mondo e di questi quasi la totalità si trova in Paesi che stanno facendo i conti aspramente con le conseguenze della crisi climatica.
In più, entro il 2040, una data che sembra lontanissima nel tempo, ma non lo è, dai tre Paesi che ad oggi si trovano nel vortice dei rischi estremi, si passerà a contarne 65: 62 Paesi in 16 anni. Un’aggravante è rappresentata dal fatto che molti di questi sono i già citati Paesi in difficoltà, quelli che stanno subendo maggiormente i cambiamenti legati all’ambiente.
Un altro dato che definisce l’urgenza di determinate azioni è stato condiviso dall’ONU: per sostenere i Paesi in difficoltà e limitare l’impatto servirebbe un miliardo al giorno; allo stato attuale ne vengono investiti solo 75 milioni.
COP29: la prima iniziativa italiana a Baku
Come sempre, è presente anche l’Italia, con il MASE che possiede un proprio padiglione nell’area attrezzata ai visitatori nello stadio di Baku. A proposito di Paesi in via di sviluppo, il MASE ha dato vita nella giornata di ieri, 11 novembre, all’evento organizzato da UNDP dedicato all’iniziativa della Presidenza italiana G7 Energy for Growth in Africa.
“L’iniziativa – come spiega il Ministero – mira a convogliare risorse su progettualità ad alto potenziale nel settore energetico per attrarre gli investimenti esteri. Obiettivo, accelerare la transizione energetica del continente africano, dove 600 milioni di persone sono ancora prive dell’accesso a fonti energetiche affidabili e pulite”. L’Italia, in proposito, si muove su diversi fronti, si guardi ad esempio al Piano Mattei, dei cui sviluppi vi abbiamo parlato qui.
Baku, Mukhtar Babayev e il futuro del Pianeta
Come anticipato in apertura, però sono diverse le controversie che hanno riguardato la presidenza della COP29 del Ministro Babayev, in larga parte per il suo passato. Negli anni ‘90, infatti, Babayev, ha ricoperto diversi ruoli, anche di prestigio, all’interno della SOCAR. L’incongruenza dei ruoli ricoperti, però, è stata dipanata, anche se non esplicitamente, dal Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliev, che ha definito risorse come il petrolio e il gas “un vero e proprio dono di Dio”.
“Qualsiasi risorsa naturale – ha spiegato in apertura – petrolio, gas, eolico, solare, oro, argento, rame: queste sono risorse naturali e i paesi non dovrebbero essere incolpati di averle e di fornirle ai mercati, perché i mercati ne hanno bisogno“, in riferimento alla richiesta di rifornimento da parte dell’Europa, nel 2022. Un discorso che si traduce facilmente in: il Pianeta va salvato, gli investimenti sono necessari, la crisi climatica deve essere gestita, ma le risorse vanno sfruttate e messe a servizio della quotidianità.
Il Presidente che tace la crisi climatica
In tema di controversie, il 47esimo Presidente degli USA, Donald Trump, eletto solo alcuni giorni fa, sembrerebbe essere pronto a firmare l’uscita degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi. Una news rilanciata più volte dai media locali che è rimbalzata ferocemente da una parte all’altra del Pianeta e proprio a ridosso della COP29.
Come è noto l’insediamento del nuovo Presidente non avverrà prima del 20 gennaio, pertanto solo allora sarà chiaro e definitivo l’approccio del Tycoon alla questione. Al netto dei fatti, Trump ha sempre dichiarato scetticismo nei confronti della crisi climatica, per utilizzare un eufemismo.
In queste ore, il delegato USA a Baku, John Podesta, dell’amministrazione Biden, ha però assicurato: “Mentre il governo sotto Donald Trump potrebbe mettere in secondo piano l’azione sul cambiamento climatico, il lavoro per contenere il cambiamento climatico continuerà negli Stati Uniti con impegno, passione e convinzione. Non è la fine della nostra lotta per il Pianeta”.