Guarda il Servizio – GIMBE: “Più risorse per salvare il Sistema Sanitario Nazionale”
Priorità al Servizio Sanitario Nazionale, la vera emergenza del Paese. Potrebbe essere sintetizzata così il monito che il GIMBE ha sollevato alle forze politiche. In occasione della presentazione del suo 7° rapporto, la Fondazione presieduta da Nino Cartabellotta traccia un quadro che, in assenza di risorse e di interventi diretti e mirati, non sarebbe più in grado di garantire il diritto costituzionale alla salute. A pagare il prezzo più salato in termini di benessere e qualità della vita sarebbero soprattutto le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i soggetti più fragili.
GIMBE: “La crisi di sostenibilità del SSN è frutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni”
«La grave crisi di sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale – afferma Cartabellotta – è frutto anzitutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi, che hanno sempre visto nella spesa sanitaria un costo da tagliare ripetutamente e non una priorità su cui investire in maniera costante».
Il GIMBE è preoccupato sia per la situazione attuale sia per il prossimo futuro. Nel triennio 2020-2022, segnato fortemente dalla pandemia, il Fabbisogno Sanitario Nazionale è aumentato di ben 11,6 miliardi di euro, una cifra che, oltre ad essere stata assorbita dai costi collegati agli effetti dovuti alla circolazione del virus, non ha permesso il rafforzamento del Sistema Sanitario Nazionale né consentito alle Regioni di far quadrare i conti del bilancio.
Nel 2023-2024, invece, degli 8,6 miliardi di euro per la Sanità, 2,4 sono stati destinati ai rinnovi contrattuali e 1,4 alla copertura dei costi energetici. Se si volge lo sguardo ai prossimi anni, la situazione del finanziamento pubblico per la sanità non può essere considerata rosea. Secondo il Piano Strutturale di Bilancio, il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2 nel 2026-2027.
Meno risorse, meno servizi e più costi per le famiglie
L’inaridimento delle risorse per il Sistema Sanitario Nazionale genera un domino che, partendo dai Livelli Essenziali di Assistenza, si ripercuote sui sistemi sanitari regionali e, a cascata, sul cittadino, sempre più costretto a spostarsi per ricevere cure migliori o ad aumentare la spesa sanitaria per ricorrere a dei servizi o a delle prestazioni che, in linea teorica, dovrebbero essere gratuite o concesse dietro pagamento di un ticket.
«Le persone – spiega il Presidente del GIMBE – sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie, con pesanti ripercussioni sui bilanci familiari. Una situazione in continuo peggioramento, che rischia di lasciare l’universalismo del SSN solo sulla carta, visto che l’accesso alle prestazioni è sempre più legato alla possibilità di sostenere personalmente le spese o di disporre di un fondo sanitario o una polizza assicurativa. Che, in ogni caso, non potranno mai garantire nemmeno ai più abbienti una copertura totale come quella offerta dal SSN».
La conseguenza di questa situazione, come riportato dall’ISTAT nel report del 2023, è racchiusa in un numero: 4,48 milioni di persone hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno. I motivi? Lunghi tempi di attesa, difficoltà di accesso alla struttura e problemi economici.
Il GIMBE avverte: attenzione alla crisi del personale sanitario
Un altro fattore che merita di essere messo sotto la lente di ingrandimento è la crisi del personale sanitario. «La sanità pubblica – commenta Cartabellotta – sta sperimentando una crisi del personale sanitario senza precedenti: inizialmente dovuta al definanziamento del SSN e ad errori di programmazione, oggi, dopo la pandemia, è aggravata da una crescente frustrazione e disaffezione per il SSN. Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni, prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza stanno demolendo la motivazione e la passione dei professionisti, portando la situazione verso il punto del non ritorno».
Tra il 2019 ed il 2022, riporta una nota della Fondazione ONAOSI, il Sistema Sanitario Nazionale ha perso più di 11.000 medici. Le cause possono essere catalogate così: licenziamenti e conclusioni di contratti a tempo determinato. La tendenza a lasciare la professione è una sorta di emorragia continua. Anche nel primo semestre del 2023, stando a quanto stimato da ANAAO-Assomed, bisogna contare ulteriori 2.564 abbandoni.
Nonostante l’Italia abbia ancora un numero di medici ogni mille abitanti superiore alla media dei Paesi OCSE (4,2 medici ogni 1.000 abitanti contro 3,7), si trova a fronteggiare anche delle carenze specialistiche. Mancano specializzandi in medicina d’emergenza-urgenza, medicina nucleare, medicina e cure palliative, patologia clinica e biochimica clinica, microbiologia e radioterapia.
«Ma la vera crisi – aggiunge il numero del GIMBE – riguarda il personale infermieristico: nonostante i crescenti bisogni, anche per la riforma dell’assistenza territoriale, il numero di infermieri è largamente insufficiente e, soprattutto, le iscrizioni al Corso di Laurea sono in continuo calo, con sempre meno laureati». Oggi, l’Italia annovera 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, un numero che la colloca sotto alla media OCSE (9,8) e che altresì individua un rapporto tra infermieri e medici tra i più bassi del Vecchio Continente (1,5 contro 2,4).
Il Piano di rilancio secondo il GIMBE
Per un Sistema Sanitario Nazionale malato, il GIMBE ha una terapia. L’ultimo capitolo del rapporto [clicca qui per scaricare il documento] è infatti dedicato ad un piano di rilancio sintetizzato in 13 punti: salute in tutte le politiche, prevenzione e promozione della salute, governance Stato-Regioni, finanziamento pubblico, livelli essenziali di assistenza, servizi sanitari e socio sanitari, personale sanitario, sprechi ed inefficienze, rapporto pubblico-privato, sanità integrativa, trasformazione digitale, informazione alla popolazione, ricerca indipendente.