Tutto in un giorno. O almeno, quasi. Negli Stati Uniti è il Super Tuesday, il super martedì che indirizzerà in maniera inequivocabile le primarie dei democratici e dei repubblicani. Si vota in 16 Stati e l’espressione degli elettori di Alabama, Alaska, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, Carolina del nord, Oklaoma, Tennesse, Texas, Utah, Vermount e Virginia (ai quali bisogna aggiungere anche il voto in Iowa soltanto per i democratici e le isole Samoa americane) dirà molto di più sulle prossime elezioni autunnali.
L’attesa è tanta. Il peso specifico del Super Tuesday è impressionante, soprattutto per i repubblicani. Basti pensare che da questa tornata uscirà il 36% dei delegati che a luglio avranno accesso alla convention dell’elefantino. In ballo non ci sono soltanto i voti ma anche i milioni di dollari dei finanziatori, pronti ad aumentare il loro budget in vista del rush finale o ad annullare l’impegno assunto a seconda del risultato.
Primarie: una formalità per i democratici, tutt’altro per i Repubblicani
Se per il Presidente Biden le consultazioni di questo martedì sono una mera formalità, visto che il suo più grande avversario è la critica che gli viene mossa dall’opinione pubblica per via del conflitto israelo-palestinese, i caucus del GOP (Grand Old Party) hanno tutto un altro sapore. È Donald Trump contro Nikky Haley. È la forza e la sfrontatezza del tycoon ultra conservatore contro la determinazione e la tenacia dell’ex rappresentante statunitense alle Nazioni Unite.
Gli analisti indicano Trump in netto vantaggio. Per Haley, invece, si tratta dell’ultima spiaggia. Come in una partita a poker, l’ex governatrice della Carolina del sud va all-in. Si gioca tutte le possibilità di insidiare l’ex Presidente e di vincere una partita che, al momento, sembrerebbe persa. A meno di grandi colpi di scena.
Come arriva Nikki Haley al Super Tuesday?
Un piccolo segnale di svolta, che ha disegnato un tenue arcobaleno nella campagna di Nikki Haley, è arrivato domenica. A Washington, infatti, ha ottenuto la prima vittoria ai danni di Trump. Per chi segue i caucus americani non è stata una sorpresa. Gli elettori della Capitale, il cui voto assegna soltanto 19 delegati repubblicani, non hanno mai strizzato l’occhio al 45° Presidente USA. Nel 2016, ad esempio, lo indicarono addirittura come terza scelta. Il feeling tra colui che vuole tornare a sfidare Biden e i rappresentanti del GOP di Washington è stato sempre ai minimi termini. Affermare che il tycoon faccia fatica nel District of Columbia è a dir poco un eufemismo.
Nonostante la sconfitta di domenica, Trump è riuscito a prendersi la scena ugualmente. È andato all’attacco denigrando l’avversaria e definendo la Capitale come una palude.
Nikki Haley, in più di una circostanza, ha espresso la volontà di andare avanti fino alla convention. L’idea di ritirarsi, come hanno già fatto il Governatore della Florida, Ron DeSantis, e Vivek Ramaswamy, non è mai stata contemplata. In tutti i precedenti caucus, ad eccezione di Washington, Donald Trump ha sempre dominato. Anche in Carolina del sud, dove Haley è stata governatrice dal 2011 al 2017, l’elettorato conservatore ha premiato il tycoon che risiede a Mar-a-Lago, in Florida.
Quella sconfitta ha rappresentato una mazzata in tutti i sensi per chi ha sempre creduto nelle sue qualità e nella sua capacità di rappresentare il GOP in autunno. I principali sponsor, tra l’altro, le hanno voltato le spalle, decidendo così di disimpegnarsi dal punto di vista economico.
Dovesse arrivare una debacle nel round del 5 marzo, continuare in maniera imperterrita sarebbe molto dura. Al contrario, strappare alcuni Stati, magari quelli nevralgici, potrebbe infondere alla cinquantaduenne politica di Bamberg una nuova spinta e fiducia.
La forza di Trump in vista del Super Tuesday
Trump, dal canto suo, si presenta a questo Super Tuesday forte dei favori del pronostico e di una nuova luce che illumina il suo cammino verso la corsa alla Casa Bianca. Può contare, per il momento, sul sostegno di 273 delegati, contro i soli 43 di Haley (per vincere la candidatura ne servono 1.215, n.d.r.), e sulla tanto agognata decisione della Corte Suprema.
All’unanimità, i magistrati federali hanno espresso il loro giudizio: Donald Trump è eleggibile. Il verdetto sull’applicabilità o meno del 14° emendamento, che avrebbe potuto precludere la corsa presidenziale del tycoon a causa della sua responsabilità nell’insurrezione di Capitol Hill del 6 gennaio 2021, con annesso oltraggio alla Costituzione su cui aveva giurato, è arrivato nella giornata di lunedì 4 marzo. Lo stesso ex Presidente ha esultato per la decisione, definendola sui social come “una grande vittoria per l’America”.
Saranno 24 ore di fuoco per l’elettorato americano. Il Super Tuesday è un appuntamento chiave nell’agenda politica a stelle e strisce e mondiale. Per certi versi, le primarie del 5 marzo potrebbero essere paragonate al Super Bowl. Con ogni probabilità, saranno decisive. A meno di clamorosi colpi di scena. Solo una volta, nel 2008, quando per il partito dell’asinello si sfidarono il futuro Presidente Barack Obama ed Hillary Clinton, il risultato non fu determinante. All’epoca il Super Tuesday finì in pareggio. Un nulla di fatto che rimandò tutto alla convention estiva.