Le porte del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) si sono aperte nella giornata di venerdì 16 febbraio per ospitare la presentazione del Master in Diritto e Sport promosso dall’Università La Sapienza di Roma. A tenere a battesimo la sesta edizione del percorso formativo per professionisti che dovranno gestire il fenomeno sportivo è stato un panel su un tema di estrema attualità: il nuovo lavoro sportivo alla luce dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) depositati in viale Lubin. Esponenti delle parti sociali, rappresentanti delle istituzioni, manager e dirigenti dello sport e studiosi di diritto si sono confrontati, illustrando i rispettivi punti di vista anche con toni accesi e pieni di partecipazione emotiva. Le valutazioni fatte dai relatori, le proposte avanzate per migliorare ogni aspetto del contratto collettivo, così come gli scenari più o meni bui che si aprono sul comparto, diventeranno materia di studio e di approfondimento da parte degli iscritti al Master.
“La presentazione del Master di Sapienza in Diritto e Sport – ha dichiarato l’Avvocato Giorgio Sandulli, membro del consiglio didattico – scientifico del Master Sapienza in Diritto e Sport – è stata un’ottima occasione di incontro tra istituzioni per parlare di un argomento che non è solo di attualità, bensì proiettato al futuro. Perché il ruolo della contrattazione collettiva nazionale, così come il ruolo delle parti sociali, dei sindacati ed anche di soggetti che apparentemente non sono interni e tradizionali dello sport, è fondamentale nell’ambito della riforma del lavoro sportivo. Come Master in Diritto e Sport, ci siamo presi in carico di aprire con un tema non trattato da altri, visto che vede tutti noi impegnati nel capire come questo strumento della contrattazione collettiva possa aiutare il mondo dello sport ad evolversi e a realizzare meglio il desiderio di tutti: far praticare lo sport a più persone possibili.”
Significativa anche la scelta di trattare un simile argomento all’interno del CNEL. “. Oltre a dirigere questo master, – ha aggiunto il Prof. Domenico Mezzacapo, Direttore del Master Diritto e Sport della Sapienza e Presidente della Commissione certificazione – sono un professore di diritto del lavoro e nel diritto del lavoro la contrattazione collettiva come fonte di disciplina del rapporto di lavoro è fondamentale. È il motore, se vogliamo, della dignità del lavoratore. Farlo per lo più al CNEL, che è l’organo dove sono rappresentate le realtà produttive, ha quindi anche un valore simbolico molto importante.”
Mezzacapo: “L’impatto dei CCNL sarà importante”
Dallo scorso 12 gennaio, quando quattro associazioni sindacali (Confederazione italiana dello sport da un lato e SLC-CGIL, FISASCAT-CISL e UILCOM-UIL dall’altro) hanno rinnovato il CCNL per i dipendenti del settore sport, fitness e benessere, il tema degli oneri per il datore di lavoro e le tutele di chi è considerato un lavoratore sportivo è salito alla ribalta delle cronache ed ha assunto una rilevanza sociale.
“L’impatto – ha specificato il Prof. Mezzacapo, riferendosi al CCNL per i collaboratori sportivi – sarà sicuramente importante, perché tutte queste attività, prima dell’entrata in vigore della riforma, venivano “contrabbandate” come volontarie, quando già allora probabilmente non lo erano e già allora si potevano configurare gli estremi per il riconoscimento della natura subordinata del rapporto. Pensiamo a tutte le collaborazioni sportive, di chi era in segreteria, le cosiddette collaborazioni sportive e gestionali, che sono non a caso disciplinate e attenzionate anche da questa riforma. È inevitabile che questa nuova configurazione giuridica porterà un impatto notevolissimo. C’è da dire però che i più avveduti possono provare ad ammorbidire questo impatto rivolgendosi a professionisti che, oltre a gestire queste norme, possono orientare anche le piccole realtà nella gestione corretta delle nuove regolamentazioni”.
La voce dei Sindacati: “Ok la retribuzione minima, ma ci sono altri aspetti da affrontare”
I sindacati concordano che, grazie al contatto collettivo sottoscritto a gennaio, le parti sociali hanno provato a sistemare una materia che non era del tutto regolamentata. La soddisfazione non è totale, perché, come ha riferito Fabio Scurpa, Coordinatore nazionale Sport SLC-CGIL, “non è la riforma che avevamo desiderato, lascia ancora dei punti un po’ oscuri, come la tutela previdenziale. Se da una parte questi lavoratori potranno contare su una retribuzione minima, dall’altra non avranno la possibilità di avere una pensione dignitosa.”.
“Fino ad oggi, – ha spiegato Scurpa – molti di questi lavoratori o collaboratori erano retribuiti con un rimborso spese che non dava diritto ad alcuna tutela del lavoro. Noi abbiamo individuato all’interno del contratto collettivo una retribuzione minima, agganciata a quella dei lavoratori dipendenti. Il contratto ha all’interno tutte le flessibilità che possono dare soddisfazione alla specificità del settore, che è diverso dagli altri lavori”.
Gli aspetti che sono sotto la lente di ingrandimento delle parti sociali sono essenzialmente due. Oltre all’aspetto previdenziale, che andrebbe equiparato a quello degli altri lavoratori, il Coordinatore nazionale Sport SLC-CGIL ha indicato anche la sicurezza, “perché dopo la prima previsione di copertura INAIL, questa è stata cancellata, lasciando la sicurezza affidata ad una assicurazione privata”.
Prof. Ferraro: “Ci sono dei limiti per una applicazione diffusa del CCNL”
Il contratto collettivo siglato lo scorso 12 gennaio e depositato al CNEL è l’unico, come recita la nota sindacale, che coinvolge centri sportivi di ogni disciplina e che può essere applicato ad ogni tipologia di lavoro sportivo, sia alle collaborazioni subordinate sia a quelle coordinate continuative. Con quest’ultime che sono particolarmente trattate dal CCNL.
“Regolare il lavoro sportivo – ha sentenziato il Professore associato Fabrizio Ferraro – era diventato urgente per una situazione di anomia totale, cioè di assenza di norme, che sostanzialmente aveva fatto prevalere le qualificazioni di diritto tributario come l’articolo 67 del TUR. Il contatto collettivo nella riforma dello sport non ha un ruolo preminente, ma le parti collettive si sono attivate positivamente. È chiaro che c’è un enorme problema di rappresentanza degli interessi e di valutazione su quanto le parti collettive e gli agenti negoziali siano davvero in grado di rappresentare gli interessi di base dello sport, che di solito sono interpretati meglio da associazioni di altro tipo. Ciò rappresenta una carenza che ovviamente limita le possibilità del contratto collettivo di porsi come una fonte di regolazione diffusa. Il punto focale di questo CCNL è che non sarà probabilmente scelto a breve termine da tanti datori di lavoro e committenti dello sport, che preferiranno, ad esempio, affidarsi alla regolazione con contratto individuale delle collaborazioni coordinate e continuative”.
Tutto ruota intorno alla tipologia di collaborazione: subordinata o coordinata continuativa?
Il motivo è presto spiegato. Tutto ruota intorno alla natura della collaborazione: subordinata o coordinata continuativa? “Le ASD e SSD – ha continuato il Prof. Ferraro – tendono a ragionare su un rapporto costi benefici, che è piuttosto stretto. Il problema è che nel dilettantismo il lavoro subordinato è ancora limitatissimo. Dal punto di vista numerico, al contrario di quanto accade nel professionismo, sono pochi i lavoratori subordinati sportivi nell’associazionismo di base. In questo settore è diventata la norma la lavorazione coordinata, perché è questa la forma che il legislatore ha voluto incentivare, seppure attraverso norme ambigue e leve essenzialmente di carattere previdenziale e fiscale. In questo caso, succede che, invece di applicare un contratto collettivo stipulato da questi soggetti che poi hanno una limitata esperienza di rappresentazione nello sport, visto che ci sono maggiori costi per il lavoro subordinato ed in più introduce oneri per la collaborazione coordinata, preferiscono regolare quei pochi rapporti di lavoro subordinato con contratti più economici come quello del commercio o quelli dello sport stipulati magari da altre federazioni, e profittare invece della assenza di disciplina collettiva per le collaborazioni coordinate, che sono la stragrande maggioranza dei rapporti”.
Tra CCNL e sostenibilità
Rapporto costo benefici. Oneri. Costi fissi. Concetti che poi si traducono in numeri, ossia in spese per un’associazione o società sportiva dilettantistica che svolge una funzione sociale. “Questa riforma – ha sottolineato l’Avvocato Giorgio Sandulli – aggiunge costi. Lo sport di base, di prossimità, quello che pratichiamo tutti noi quotidianamente, in questo momento ha problemi di risorse”.
Il tema della sostenibilità, insomma, rimane attuale anche dopo 8 mesi dall’entrata in vigore della Riforma dello Sport. “Il tema della sostenibilità del lavoro sportivo – ha esposto con chiarezza il Prof. Mezzacapo – è un tema che è sempre all’ordine del giorno ed è stato tra i principali motivi del rinvio dell’entrata in vigore di questa riforma. Il decreto è del 2021 ma l’attuazione è stata completata solo alla fine del 2003, proprio perché c’era questa grande preoccupazione di poter garantire una sostenibilità soprattutto alle piccole realtà. Sicuramente, l’introduzione della figura del lavoratore sportivo comporta dei costi che le piccole realtà possono avere difficoltà a sostenere. Il contratto collettivo, che è stato siglato dal punto di vista della tutela, della dignità dei lavoratori, è sicuramente un punto di partenza ed è un bene che sia stato sottoscritto e, se sarà applicato, potrebbe migliorare il sistema. Però, non bisogna perdere di vista il tema della sostegno alle piccole realtà, che è un tema sempre in progress e che sarà necessario sempre attenzionare”.
Se Avvocati e docenti del Master rimangono fedeli alla dottrina, gli operatori del comparto sportivo provano ad abbozzare gli scenari futuri, anche quelli più tempestosi. La parola default, associata in primis a quei sodalizi sportivi che promuovono lo sport di base, può sembrare un’iperbole; invece, rende bene l’idea delle difficoltà incontrate da chi ha un ruolo sociale importante. “La sostenibilità di questa realtà – si è chiesto Fabio Scurpa, Coordinatore nazionale Sport SLC-CGIL – deve essere affidata al lavoro povero o bisogna intervenire su queste realtà sportive con dei finanziamenti che non passino attraverso un risparmio della prestazione lavorativa? È stato questo discorso sulla sostenibilità a posticipare di due anni l’entrata in vigore della riforma dello sport. Qualcuno ha persino detto: se noi dobbiamo pagare i collaboratori, allora il sistema non si tiene. Ma ci rendiamo conto dell’assurdità di questa affermazione? Visto che abbiamo riformato il lavoro e che lo sport è entrato nella Costituzione, lo sport di base va garantito. Non possono essere coloro che lavorano all’interno di questo sistema a rimetterci”.
Dalla Costituzione ai CCNL: tutto parte dall’art. 117 della nostra Carta
Il fil rouge, il filo conduttore che lega insieme il CCNL dei lavoratori sportivi e la riforma dello sport, non deve essere individuato nell’articolo 33 della Costituzione, bensì in un altro articolo della nostra Carta. “L’articolo 117 della Costituzione, comma terzo – ha chiarito la Professoressa Maria Alessandra Livi, docente di Diritto civile e di Diritto sportivo all’Università La Sapienza di Roma – ha segnato un elemento fondamentale che ci ha condotti alla riforma dello sport e poi, successivamente, alla sottoscrizione di questo contratto collettivo nazionale. Parliamo di un interessamento da parte dell’ordinamento statale, delle leggi statali e regionali in una competenza normativa concorrente, proprio per non lasciare il fenomeno sportivo alla sua autogestione attraverso un’autonomia privata, ma riconoscendo dei valori e la necessità di tutela dell’individuo laddove non autonomamente sia stato raggiunto dall’ordinamento sportivo. Quindi, questo contratto collettivo, che si inserisce nella legge di riforma dello sport, rappresenta proprio l’espressione della volontà dello Stato di intervenire in un ambito qual è quello dell’ordinamento sportivo, tutelando i lavoratori sportivi definiti dal decreto legislativo 36 del 2021. In questo modo noi possiamo poi ricollegarci all’articolo 33 della Costituzione che riconosce il valore educativo, sociale, di promozione del benessere sociale dell’attività sportiva nell’ambito del nostro ordinamento. Con il verbo riconoscere si può pensare che il legislatore si riferisca ad una realtà preesistente; in realtà questo riconoscimento, a mio avviso, si prefigge di dare valore alla realtà dell’attività sportiva. Allo stesso tempo, vuole rivendicare da parte dello Stato una necessità: l’attuazione nello sport di questi valori che hanno un carattere educativo, sociale e di benessere psico-fisico.
Come si ricollega tutto questo con il contratto collettivo nazionale dei lavoratori sportivo? In questo modo: attraverso una tutela del lavoro nello sport, si vorrebbe avvicinare sempre più giovani alla pratica sportiva. Un’attività che non viene svolta soltanto per puro diletto, ma anche a livello dilettantistico diventa un’occupazione che ha una sua remunerazione e pure una sua tutela, poiché sono tante le ore che molti atleti dilettanti o anche allenatori oppure direttori sportivi investono in questa attività”.
L’esame del nuovo lavoro sportivo alla luce dei CCNL depositati al CNEL proseguirà. Continuerà nelle aule del master e l’impatto di questo nuovo strumento, così come gli effetti della riforma dello sport, saranno osservati, misurati e verificati. In ballo ci sono la dignità dei lavoratori, la sostenibilità del comparto e la tenuta sociale del Paese. Perché lo sport svolge una delicatissima funzione sociale e pedagogica che deve essere tutelata e garantita.