Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da una notizia che ha generato diversi confronti, anche polemici: Milano terza città nel mondo per inquinamento. Una rilevazione che il sindaco della città meneghina, Beppe Sala, ha definito “estemporanea” e non veritiera. Al netto dei fatti, i dati diffusi dall’azienda svizzera IQAir, secondo i quali il capoluogo lombardo sarebbe la terza città più inquinata, restituiscono un quadro in continua evoluzione e non determinante. Vale a dire che il solo parametro considerato per offrire una panoramica su scala mondiale è il particolare fine, ovvero le cosiddette polveri ultrasottili (PM2,5). Inoltre, le città prese in esame sono circa un centinaio.
Quando il sindaco Sala parla di un dato estemporaneo, si riferisce al fatto che, ad esempio, alle 9.38 di questa mattina la “classifica in tempo reale delle principali città più inquinate” vedeva Milano in decima posizione. Inoltre, interrogato dalla stampa, Sala ha anche aggiunto che secondo l’ARPA, ovvero l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, l’aria di Milano sarebbe migliorata; tuttavia “io sostengo non abbastanza”.
Scattano le norme anti inquinamento in Lombardia
In tal senso, martedì 20 febbraio, come si legge in una nota diffusa dalla Regione Lombardia, stando ai valori di PM10 registrati nella giornata del 18 febbraio e delle previsioni meteorologiche per i prossimi giorni, sono scattate le misure temporanee di primo livello nelle province che hanno raggiunto almeno il 4° giorno consecutivo di superamento: Milano, Monza, Como, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona, Lodi e Pavia.
Ma in cosa consistono tali misure? Nella nota viene specificato che si fa riferimento al divieto di combustioni e di accensione di fuochi all’aperto; al traffico nei Comuni con più di 30.000 abitanti delle province coinvolte dove è quindi prevista la limitazione alla circolazione tutti i giorni nella fascia 7.30-19.30 per tutti i veicoli Euro 0 e 1 di qualsiasi alimentazione e per i veicoli Euro 2, 3 e 4 a gasolio. Altresì, è vietato tenere temperature superiore a 19°C nelle abitazioni e negli esercizi commerciali; utilizzare generatori a legna per riscaldamento domestico (in presenza di impianto alternativo) di classe emissiva fino a 3 STELLE compresa (I° livello).
Infine, sul versante agricolo, in tutti i Comuni delle province coinvolte è vietato spandere gli effluenti di allevamento, delle acque reflue, dei digestati, dei fertilizzanti e dei fanghi di depurazione, salvo iniezione e interramento immediato.
Nonostante ciò, l’assessore regionale all’Ambiente e Clima di Regione Lombardia, Giorgio Maione, si dichiara ottimista osservando i dati su base annuale. “Le misure sul miglioramento della qualità dell’aria in Lombardia proseguono – ha asserito in proposito Maione – investiremo anche quest’anno 30 milioni di euro per il rinnovamento degli impianti di riscaldamento e dei veicoli circolanti. In cinque anni gli investimenti complessivi legati alla sostenibilità ambientale in Lombardia ammontano a 19 miliardi”.
Ma in Italia un problema esiste, ed è anche molto serio
Il Bel Paese, ad ogni modo, deve fare i conti con la questione ambientale. Mettendo da parte le classifiche, i numeri raccontano di un Paese che conta 80 mila morti premature all’anno a causa dell’inquinamento ambientale. Un dato che porta l’Italia a guadagnare tristemente il primato in Europa. L’aggiornamento, si precisa, è stato diffuso dalla SIMA, ovvero dalla Società Italiana di Medicina Ambientale.
“Gli effetti diretti dell’inquinamento sulla salute umana interessano diversi apparati ed organi – ha riferito il presidente Sima, Alessandro Miani -. Le patologie dell’apparato cardiovascolare rappresentano la prima causa di morte in Italia, seguiti dalle patologie dell’apparato respiratorio”.
Entrando ulteriormente nel merito, Miani ha chiarito che “le polveri sottili e gli ossidi di azoto sono in grado di peggiorare lo stress ossidativo e innescare una risposta infiammatoria sistemica a livello dell’apparato vascolare, causando arteriosclerosi e disfunzione endoteliale, una maggior aggregabilità delle piastrine esitando così in cardiopatia ischemica. Ma gli effetti infiammatori del particolato si esplicano anche sul polmone e sui neuroni per inalazione e attraversamento della barriera emato encefalica“. Conseguenze che non fanno scattare un campanello d’allarme, ma che raccontano di una vera e propria emergenza.
“Non è più rimandabile agire in fretta per ridurre drasticamente le principali sorgenti emissive dell’inquinamento atmosferico”, ha aggiunto Miani. “Una delle principali cause di smog nel nostro Paese è rappresentata non dal comparto industriale o dalle autovetture private, ma dagli edifici privati, a partire dai riscaldamenti delle abitazioni: serve quindi modificare le abitudini quotidiane razionalizzando i consumi energetici, limitando gli orari di accensione degli impianti e abbassando le temperature in casa”.
Il Presidente della SIMA ha chiosato fornendo delle possibili soluzioni, o quanto meno quelle che dovrebbero essere buone pratiche da mettere in atto: “abbiamo proposto al Governo di mitigare gli effetti nocivi dello smog partendo dagli edifici urbani, attraverso incentivi volti a facilitare interventi di rivestimento di superfici murarie e vetrate con un coating fotocatalitico che ha dimostrato in studi scientifici di essere attivato da luce naturale a svolgere un’azione di scomposizione e riduzione degli inquinanti atmosferici“.
Il caso Covid
I numeri e le analisi succitate trovano riscontro anche nei risultati del progetto EpiCovAir – promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ISPRA-SNPA), in collaborazione con la Rete Italiana Ambiente e Salute (RIAS) – su inquinamento atmosferico e Covid – 19, pubblicati la scorsa estate. Lo studio ha dimostrato che esiste un “legame tra incidenza di infezioni da SARS-CoV2, mortalità per Covid-19 ed esposizione di lungo periodo (2016-2019) ad alcuni fra i principali inquinanti atmosferici nel nostro Paese, quali il biossido di azoto (NO2) e il particolato atmosferico (PM2.5 e PM10)”.
Nello specifico le indagini hanno definito che la distribuzione geografica dell’infezione e delle morti per Covid mostra incidenza e letalità più alte nelle aree del nord Italia, che, come è noto, possiedono anche più elevati livelli di inquinamento atmosferico di lungo periodo. Ciò, e va chiarito, vale particolarmente per la prima ondata.
“Le associazioni con l’inquinamento atmosferico, più forti tra i soggetti anziani – ha chiarito l’ISS – rivelano che in Italia l’incidenza di nuovi casi cresce significativamente dello 0.9%, dello 0.3% e dello 0.3% per ogni incremento di 1 microgrammo per metro cubo (μg/m3) nei livelli di esposizione di lungo periodo a NO2, PM2.5 e PM10, rispettivamente. Lo stesso vale per i tassi di letalità per COVID-19 che aumentano dello 0.6%, dello 0.7% e dello 0.3% ad ogni innalzamento di 1 μg/m3 nell’esposizione cronica rispettivamente agli stessi inquinanti”.
“I risultati conseguiti da EpiCovAir”, ha spiegato Ivano Iavarone, coordinatore del Progetto, “sono coerenti con le più recenti evidenze disponibili nella letteratura scientifica internazionale, e supportano la necessità di agire tempestivamente per ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici ed il loro impatto sanitario, in linea con la recente proposta della Commissione Europea di una nuova Direttiva sulla qualità dell’aria e di contrasto alla crisi climatica”.
“Sotto questo punto di vista, e non potendo escludere futuri rischi epidemici”, hanno dichiarato invece congiuntamente i Presidenti ISS ed ISPRA-SNPA Silvio Brusaferro e Stefano Laporta, “sarà importante individuare strategie sinergiche ed intersettoriali di prevenzione integrata che su scala europea, nazionale, regionale e locale accelerino l’implementazione di politiche improntate sui co-benefici, attraverso interventi strutturali in settori chiave quali i trasporti, l’industria, l’energia e l’agricoltura”.