Un’altra vittoria in un torneo del circuito ATP, un’altra dichiarazione che eleva ancor di più la sua caratura. Jannik Sinner non smette di stupire. Vince e convince. Anche a Rotterdam, dove domenica 18 febbraio ha conquistato l’ABN Amro OPEN 500, battendo in finale Alex De Minaur, il tennista di San Candido ha impartito un’altra masterclass ai suoi avversari, che ormai preferiscono non trovarselo dall’altra parte della rete, ed ai suoi illustri e patinati colleghi dello sport system, che non hanno neppure un briciolo del suo stile e della sua etica del lavoro.
Lo stile di Sinner: vincere con umiltà
In Olanda Sinner si è presentato da vincitore del primo slam dell’anno. Logico che dopo il successo agli Australian OPEN, tutti i riflettori fossero per lui. Così come le telecamere, le penne, i microfoni, le proiezioni degli analisti sulle classifiche generali e gli occhi dei tifosi. Ma il classe 2001 non si è fatto abbagliare dalle luci artificiali. Non si è scomposto, è rimasto sé stesso, fedele al suo gioco, ai suoi piani tattici e al suo modo di vivere sport: con naturalezza, semplicità, umiltà, spirito di sacrificio e senza mai dimenticare che sulle tribune o al di là di uno schermo ci sono milioni di bambini che lo seguono, lo apprezzano, lo venerano, lo amano e sognano di imitarlo.
Se per battere per la settima volta l’australiano De Minaur gli sono bastate 2 ore e 5 minuti e due set (vittoria per 7-5 6-4), per far capire a tutto il mondo di che pasta è fatto il Campione – quello con la “C” maiuscola – gli è stata sufficiente una manciata di secondi. Poche parole ma incisive.
A Sky: “Voglio essere un esempio per i ragazzi”
Sabato 17 febbraio, commentando con Sky Sport la vittoria in semifinale per 6-2 6-4 sull’olandese Tallon Griekspoor ed un fatto storico per il tennis italiano, come la conquista della terza posizione nella classifica ATP (nell’era open Adriano Panatta aveva raggiunto il quarto posto), Sinner ha riferito ad Angelo Mangiante, giornalista ed inviato dell’emittente satellitare: “(essere numero 3 del mondo, n.d.r.) vuol dire tanto per me e per l’Italia. Come dico sempre, l’importante è muovere il tennis italiano verso una precisione direzione, consentendo a tanti più ragazzi di giocare, ed essere un esempio per loro. Credo che questo abbia un peso un po’ più grande. Alla fine, (il numero 3, n.d.r.) è solo un numero.”.
Parole sante, parole sagge. Pensieri di un ragazzo che il prossimo agosto compirà 23 anni e che vuole essere un esempio positivo, un modello da emulare.
Dopo la dedica ai suoi genitori e l’elogio del ruolo delle mamme e dei papà con quel “auguro a tutti di avere genitori come i miei, che non mi hanno mai messo sotto pressione anche quando praticavo altri sport, e auguro a tutti i bambini la libertà che ho avuto io grazie ai miei genitori”, pronunciato al termine della mitica ed epica finale di Melbourne contro Daniil Medvedev, dalla città natale del più grande esponente dell’umanesimo cristiano Sinner ci regala un altro estratto di quella che qualche noto giornalista italiano ha definito “Educazione sinneriana”, parafrasando così il titolo del romanzo di Nicolai Lilin da cui è tratto anche il film diretto da Gabriele Salvatores.
In quell’espressione rilasciata a Sky Sport c’è tutta la sua responsabilità di sportivo. Se da una parte emerge la volontà di aiutare il tennis nella sua crescita; dall’altra, invece, svetta il nobile compito di Sinner: essere un punto di riferimento per gli atleti più giovani.
Le qualità e le parole del Campione italiano
Il miglior tennista italiano di sempre sta scrivendo la storia dello sport, non solo della sua disciplina, con umanità e gentilezza, con consapevolezza e umiltà, con i tanti sacrifici compiuti per allenare il suo talento e con la voglia di migliorarsi sempre. Qualità che ormai lo descrivono alla perfezione, che gli consentono anche di uscire a testa alta dai momenti più grigi di un match e che vengono percepite da chi lo guarda con attenzione.
Anche dopo il successo di Rotterdam, rivolgendosi al direttore del torneo, Richard Krajicek, al suo avversario, a chi si trovava sugli spalti o sul divano di casa e al suo staff, Sinner non ha perso una parola: “Alex, non so cosa dire – ha detto Jannik rivolgendosi a De Minaur, in occasione della premiazione -. Affrontarti è sempre molto difficile, devo ammettere che preferisco averti dalla mia parte del campo quando giochiamo in doppio che doverti affrontare. Sei una delle persone migliori del circuito, stai facendo passi da gigante settimana dopo settimana e meriti tutto quello che hai ottenuto in questi ultimi tempi”.
Poi, il saluto al correttissimo pubblico olandese e la promessa: “Per me è un titolo importante perché questo torneo ha sempre creduto in me fin dall’inizio della carriera, quindi ci vedremo sicuramente anche l’anno prossimo”.
Infine, il grazie a chi lo segue quotidianamente, a partire dal coach Simone Vagnozzi, e gli obiettivi da mettere nel mirino: “Abbiamo fatto un bellissimo lavoro qualche settimana fa, e anche adesso. Sono orgoglioso di come ho giocato questa settimana, abbiamo avuto momenti difficili ma li abbiamo sempre superati. Cercheremo sempre di migliorare e continueremo a lavorare insieme per sistemare le piccole cose che non sono state perfette. Ma in fondo io non sono perfetto e non posso esserlo sempre, l’importante è che cerchi sempre di fare del mio meglio. Ci vediamo a Indian Wells”.
Chapeau, Jannik
L’Italia ringrazia. Il movimento tennistico italiano fa altrettanto. Del resto, il fenomeno Sinner sta portando nei circoli sportivi bambine e bambini che vogliono mettersi in gioco e sognare di diventare come quel ragazzo di San Candido dai capelli color rame che nelle ultime 34 partite ne ha vinte 32 (solo Ben Shelton a Shanghai e Novak Djokovic alle Nitto Atp Finals di Torino sono riusciti nell’impresa di batterlo, n.d.r.). Ma soprattutto, il fenomeno Sinner sta facendo emergere il ruolo sociale ed educativo che devono assumersi i Campioni. Quelli con la “C” maiuscola. Quelli che sia in campo sia fuori rimangono sempre sé stessi. Quelli che non tradiscono le attese, che rimangono umili, lucidi e che non lesinano sorrisi, autografi o parole. Proprio come il nostro numero 1 del tennis: Jannik Sinner.