“Siamo un popolo di sportivi da salotto”. Ad affermarlo è “Gli Italiani e lo sport”, il report che l’Osservatorio permanente sullo sport, spin-off della Fondazione SportCity, ha presentato nella giornata di lunedì 5 febbraio a Roma, presso la Sala Conferenze di Esperienza Europa intitolata a David Sassoli. Il documento, realizzato in collaborazione con Istat, IBDO Foundation e Istituto Piepoli, scatta una fotografia sulla propensione degli italiani a svolgere, in maniera saltuaria o continuativa, una sana attività fisica o uno sport nel loro tempo libero. Nel 2022, solo un terzo della popolazione dai 3 anni in su, pari a 19,9 milioni di cittadini, può essere considerato “active” dal punto di vista motorio. I rimanenti due terzi, invece, continuano a non praticare alcuna disciplina o attività.
Il report di SportCity: divario di genere tra nord e sud, ma non solo
Numeri crudi, freddi che non rivelano soltanto la condizione di sedentarietà. Individuano altresì disuguaglianze socio-culturali e gap di genere anche nell’approccio alla pratica sportiva. Se nella provincia autonoma di Trento soltanto il 16,2% della popolazione può essere definito inattivo, in Calabria ed in Sicilia le percentuali arrivano a toccare il 59,3%, annullando di fatto quell’opera di sensibilizzazione che da 20 anni a questa parte cerca di cambiare lo stile di vita dei cittadini.
Differenze territoriali, ma non solo. L’indagine ha riscontrato che le persone con basso titolo di studio che non fanno sport sono oltre il doppio rispetto a quelle che hanno conseguito un diploma o una laurea. Inoltre, viene evidenziato che solo il 29,2% delle donne, contro il 40,2% degli uomini, pratica un’attività motoria o sportiva in modo continuativo o saltuario.
Tali fattori si riflettono sul benessere sociale, sugli indici regionali di obesità e sovrappeso e pure sul sistema sportivo, un comparto che, come ha reso noto il rapporto di Sport e Salute e Istituto per il Credito Sportivo, vale l’1,3% del PIL.
Pagliara: “Dobbiamo passare dalla logica del PIL a quella del FIL”
“Dico che dobbiamo passare da una logica del PIL ad una che considera il FIL, la felicità interna lorda – ha dichiarato ai nostri microfoni Fabio Pagliara, Presidente di Fondazione SportCity -. Noi, come sport, produciamo punti di PIL ma anche tanta socialità e miglioramenti alla qualità della vita e questo è un tema centrale.
I dati di oggi dimostrano proprio questo: praterie davanti, nel senso che ci sono grandissime opportunità. Però, bisogna ammettere che è impietosa la situazione che si delinea nel centro-sud: oltre il 50% della popolazione è sedentaria. Nonostante le preoccupazioni, voglio essere ottimista, perché tanti Enti stanno lavorando bene. Poi, ci sono i trend di crescita registrati dal numero dei praticanti. Pertanto, oltre a guardare il PIL, bisogna guardare anche a tutta la ricaduta sociale da parte della filiera.”
La mission di SportCity
La Fondazione presieduta da Fabio Pagliara sta portando avanti parimenti una sorta di rivoluzione culturale e sociale che abbraccia anche l’urbanistica. Vuole che gli ambienti urbani, come piazze, aree attrezzate e parchi, diventino dei luoghi di promozione del benessere psicofisico e della salute, grazie allo sport. Gli interventi del PNRR e i progetti di rigenerazione delle città e delle periferie rappresentano pertanto un’occasione per rendere concreta una visione lungimirante.
“Occorre misurare quello che stiamo facendo – ha aggiunto Pagliara -. Siamo certi che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta. Nei prossimi due o tre anni ci sarà una inversione di tendenza. Le persone sanno che lo sport fa bene, ora bisogna trovare le leve giuste per incentivarle. Con tutta la nostra rete lo stiamo già facendo. Pertanto, sono convinto che i dati ci daranno ragione. Dobbiamo avere la pazienza e seguire una logica degasperiana, quindi più a lungo termine e non tattica per un consenso immediato.”
L’impatto del report “Gli italiani e lo sport”
Il report “Gli italiani e lo sport” dell’Osservatorio permanente sullo sport è un’opera senza dubbio autorevole. Potrebbe addirittura attestarsi come una fonte in grado di ispirare il lavoro di quelle realtà che, facendo leva sulla funzione sociale e pedagogica della pratica sportiva, vogliono proporre soluzioni mirate per il benessere dei cittadini, idee innovative, nuove politiche sociali o modelli differenti di sviluppo degli ambienti urbani. In quest’ottica, farà parte della bibliografia di Sports Community, uno dei progetti di punta di OPES.