Un campionato ricco e un sogno Mondiale, il disegno dell’Arabia Saudita

Archiviati i Mondiali in Qatar 2022, con l’Argentina di Leo Messi che ha alzato al cielo la sua terza Coppa, è già tempo di pensare alle prossime edizioni. Se le sedi ospitanti nel 2026 saranno Stati Uniti d’America, Messico e Canada, per i Mondiali del 2030 non è stata presa ancora alcuna decisione. Quella che si disputerà tra 7 anni sarà un’edizione speciale, poiché ricorrerà il centenario dell’assegnazione della prima Coppa Rimet (il primo Mondiale fu organizzato dall’Uruguay nel 1930, in occasione dei cento anni dell’indipendenza, n.d.r.).

Per questo motivo, il massimo organismo che governa il football vuole prendersi tutto il tempo necessario per valutare le candidature, rimandando il verdetto finale al terzo bimestre del 2024. Oltre a valutare i dossier delle Nazioni pretendenti, la FIFA, dopo i presunti scandali e le polemiche che hanno accompagnato le edizioni svoltesi in Russia e in Qatar, si è dotata di criteri di valutazione particolari per decretare i Paesi che avranno l’onore e l’onore di organizzare il massimo torneo calcistico internazionale. Tra questi, spiccano pure i diritti umani.

Ad oggi, a contendersi il torneo del Centenario sono il trio Spagna, Portogallo e Marocco ed il quartetto delle sudamericane composto da Uruguay, Argentina, Cile e Paraguay, che ospiterebbero il Mondiale nuovamente in pieno inverno.

Il sogno: il Mondiale 2034 in Arabia Saudita

L’Arabia Saudita, invece, che aveva paventato la possibilità di far giocare la FIFA World Cup in tre Paesi di tre diversi Continenti (lo Stato arabo aveva pensato ad una candidatura insieme ad Egitto e Grecia), si è defilata, per puntare tutte le sue fiches sul Mondiale del 2034. Il disegno del più grande stato arabo dell’Asia occidentale è chiaro e rientra in un grande progetto, in un imprinting per dare lustro Riad, Gedda, La Mecca e a tutte le altre città del Paese. Lo sport, in questo senso, rappresenta un volano eccezionale per il turismo, per l’economia e per l’immagine di un’intera comunità.

Il disegno: far crescere il Paese attraverso lo sport

Dopo aver puntato sui motori e sugli investimenti nel calcio europeo (il PIF – Public Investment Fund -, insieme a Capital Partners e RB Sports & Media, è proprietario del Newcastle, club di Premier che a settembre giocherà in Champions League dopo 21 lunghissimi anni di attesa), lo Stato arabo ed il suo Ministero dello Sport hanno deciso di sviluppare il campionato locale, sottraendo all’Europa i suoi migliori giocatori.

A suon di milioni di dollari, e grazie a contratti faraonici, a risorse illimitate e a benefit fiscali che non sono contemplati nel resto del Mondo, la Pro Saudi League sta diventando uno dei campionati più ricchi ed influenti del Pianeta. In due anni hanno “sposato il progetto” giocatori del calibro di Cristiano Ronaldo, Benzema, Koulibaly ed allenatori come Steven Gerrard, Jorge Jesus e Nuno Espirito Santo. Solo quest’anno sono stati spesi 460,96 milioni di euro (dato al 10 agosto di transfermarkt, n.d.r.), ossia 159 milioni più della Liga e soltanto 1,2 milioni in meno rispetto alla Bundesliga.

 

 

 

Il grafico mostra le spese (in milioni di euro) effettuate dalle squadre di Premier, Liga, Serie A, Bundesliga, League One e Saudi Pro League dal 2019 ad oggi (per la stagione 2023/2024, l’importo si riferisce agli acquisti compiuti fino al 10 agosto; FONTE: transfermarkt)

Quando inizia il Campionato dell’Arabia Saudita?

L’11 agosto scatta la Serie A araba, che per la prima volta passa da 16 a 18 squadre (da regolamento, ogni team può avere in rosa fino ad un massimo di 8 calciatori stranieri, ma solo 7 possono essere inseriti nella lista pre-partita). Chi vince il campionato vola direttamente alla Champions Asiatica, insieme alla seconda e alla terza classificata e alla vincitrice della coppa nazionale. 4 club (Al-Nassr, Al-Hilal, Al Ahli, Al-Ittihad, ovvero i più importanti, quelli che hanno speso di più sul mercato) sono sotto il controllo del Fondo sovrano (il PIF detiene il 75% del pacchetto azionario, mentre il restante 25% è in mano ad una organizzazione senza scopo di lucro), gli altri invece sono emanazione del Ministero dello Sport. Il processo di privatizzazione, comunque, continua e potrebbe rendere più potenti anche gli altri sodalizi che in questo momento sono gestiti dal Governo.

Sportwashing?

Fautore dell’ascesa calcistica araba è Mohammed Bin Salman, primo Ministro ed erede al trono, che, anche attraverso il football, uno dei tredici settori economici del suo piano 2030, ha avviato un’opera di rilancio dell’immagine saudita. Sportwashing? Se si guarda alla condizione delle donne e della comunità LGBT, o allo sfruttamento degli immigrati, si potrebbe dire di sì. Il pallone e i suoi campioni possono rappresentare quel makeup che copre le “imperfezioni” e pulisce la reputazione.

Nella visione di futuro dello Stato arabo non c’è solo il calcio

Il piano dell’erede al trono, in ogni caso, è ancora più ambizioso e non si ferma allo sport, ma guarda altresì alla transizione energetica ed ecologica. Basti pensare a NEOM (termine che unisce le parole arabe “nuovo” e “futuro”), un progetto che prevede un hub industriale (Oxagon, questo il suo nome, sarà un polo di produzione moderna, ricerca e sviluppo), commerciale e residenziale (The Line è una città lineare, lunga 170 km e larga 200 metri, che ospiterà 9 milioni di abitanti) totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico. Il complesso sarà carbon neutral, ovvero sostenibile dal punto di vista ambientale. Per azzerare le emissioni di carbonio, il Governo pianterà miliardi di alberi.

Possiamo dire che la visione saudita è quella di imporsi a livello sportivo, ma pure politico, visto l’ambizioso progetto 2030. Non scordiamo che nella megalopoli di NEOM, per la precisione nella zona montuosa di Trojena, si disputeranno i Giochi Asiatici invernali 2029. Lì, a meno di un’ora di auto dalle località balneari del Golfo di Aqaba, dove l’altitudine massima è di 2.600 metri, gli organizzatori ricreeranno l’atmosfera invernale per ospitare gli atleti che si cimenteranno in sci alpino, hockey su ghiaccio, curling, biathlon e pattinaggio.

Arabia Saudita: sarà vera gloria?

Visti i programmi visionari, le risorse pressoché illimitate, gli investimenti e l’opera di recuperare una reputazione non propriamente limpida, facendo leva sullo sport e sui suoi più grandi campioni, l’Arabia Saudita sembra avere le carte in regola per puntare sul Mondiale 2034.

Se sarà vera gloria e se il calcio saprà trasformarsi in una leva per modernizzare il Paese, favorendo i processi di inclusione, uguaglianza e integrazione, solo il tempo potrà dirlo.

 

di Davide Morganti,

Volontario Servizio Civile Universale

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