Dal Decreto Milleproroghe alla Legge del 26 luglio 2023 n. 95, pubblicata nella Gazzetta ufficiale il giorno seguente. Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) entrano di fatto nel Terzo Settore. Il legislatore ha di fatto fugato qualsiasi dubbio. Dallo scorso 27 luglio, infatti, associazioni, fondazioni, imprese sociali e cooperative attive nel settore energetico hanno la possibilità di classificarsi come Enti di Terzo Settore, iscrivendosi al RUNTS.
Una scelta legislativa logica e naturale, visto che lo statuto normativo specifico delle CER (d.l. 8 novembre 2021 n. 239, cfr. art. 31, recante “Riordino del settore energetico”) presenta tratti in comune con gli Enti di Terzo Settore. L’obiettivo principale di una Comunità Energetica Rinnovabile è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera. Il profitto finanziario di chi produce energia da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), distribuendo l’energia in eccesso per il suo fabbisogno alla sua comunità, insomma, non è lo scopo finale.
Che cosa sono e come funzionano le Comunità Energetiche
Le Energy Community, introdotte dalla cosiddetta RED II (direttiva UE 2001/2018), rappresentano una risposta allo spreco energetico ed un modello innovativo, aperto a tutti, per condividere un bene fondamentale ad un prezzo concorrenziale. Sono un soggetto giuridico che nasce dall’associazione di cittadini, piccole o medie imprese, pubbliche amministrazioni locali, enti di ricerca o formazione, religiosi, di terzo settore e di protezione ambientale.
Superando il concetto vecchio di rete fisica centralizzata, si avvicinano alle dinamiche e alle logiche del digitale, delle connessioni tra nodi e del peer-to-peer. Grazie alle smart grid – insieme di reti di informazione e distribuzione di energia elettrica in maniera intelligente -, ad esempio, chi possiede un impianto fotovoltaico connesso in rete (prosumer) può distribuire l’energia non utilizzata ad altri consumatori.
Le CER nel PNRR
Produrre, consumare e scambiare energia da fonti energetiche rinnovabili su scala locale non è una sfida dei tempi moderni, bensì uno dei tanti obiettivi che l’Italia vuole raggiungere grazie anche ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 2,2 miliardi del PNRR, infatti, sono stati destinati allo sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili. Entro il 2026, il Bel Paese vuole raggiungere una potenza annua di 2.500 GWh (gigawattora) prodotta dalle CER, riducendo così le emissioni di gas serra di 1,5 milioni di tonnellate.
Spostando l’orizzonte temporale in avanti, nel 2030 l’Italia si è prefissa di generare il 9% dell’energia tramite le Comunità Energetiche.
Il confronto con le altre potenze europee: un gap da colmare
Il target è ambizioso ma non impossibile da tagliare, anche se il gap con gli altri Paesi dell’Unione Europea c’è ed è pure vistoso. Come riportato dal position paper “Renewable Thinking 2023” di CVA SpA ed European House Ambrosetti, le Comunità Energetiche Rinnovabili italiane, oggi, sono 103 volte meno di quelle della Germania. 56, di cui 17 attive (Fonte: Elaborazione The European House – Ambrosetti su dati ENEA e RSE, 2023), contro le 1.750 della prima potenza economica d’Europa, nonché la quarta al mondo dopo Stati Uniti, Cina e Giappone.
Se il confronto con la Germania sembra impietoso, il ritardo è evidente pure se si guardano i numeri di Danimarca (700 Comunità energetiche Rinnovabili in esercizio), Paesi Bassi (500), Svezia (200), Francia (70), Spagna (35), Belgio (34) e Polonia (34).
Le criticità da superare per lanciare le Comunità Energetiche
Dalla fotografia scattata da “Renawable Thinking 2023” si evince altresì che nel 42% dei casi le CER sono promosse da un singolo soggetto, in special modo da un’amministrazione comunale. A frenare le iniziative dei cittadini ci sono le difficoltà ad analizzare il rapporto costo – beneficio dell’investimento ed il fabbisogno elettrico personale (dato che risulta fondamentale per la scelta della potenza dell’impianto), ma anche le procedure per ottenere l’autorizzazione o per costituire un’associazione, giudicate lunghe e complesse.
La scelta del legislatore di far rientrare le CER nel Terzo Settore potrebbe essere d’aiuto per tutti quei soggetti, sia pubblici sia privati, che non sanno come qualificare la loro Energy Community. Certo, la Legge del 26 luglio 2023 n. 95 non indica la natura dell’ETS ma sottintende che la Comunità Energetica Rinnovabile potrà godere delle modalità di accesso a fondi pubblici o di benefici fiscali riservati a chi opera nel sociale e promuove il bene comune.
La transizione energetica passa da un nuovo modello innovativo di produzione, distribuzione e consumo di energia proveniente da fonti energetiche rinnovabili e da un motore chiamato Terzo Settore.