Un’estate caldissima per il mercato del lavoro italiano. Se da un lato cresce l’occupazione, dall’altro gli ultimi dati Istat raccontano di un Paese che non sta al passo con la media europea sul tema salari. In un quadro così complesso va a inserirsi ancora una questione che riguarda le fasce di lavoratori più giovani: salari insufficienti e disoccupazione in crescita.
I dati sul lavoro e i salari
Maggio 2023 ha registrato ancora una crescita per l’occupazione, meno importante se rapportata ai mesi precedenti. Parliamo di un + 21 mila occupati rispetto ad aprile. Il numero riguarda per la maggiore gli uomini, gli autonomi, i giovani tra i 25 e 34 anni; mentre si è verificato un calo tra donne, dipendenti a termine e persone tra i 15 e i 24 anni e i 35 e 49 anni.
La nota positiva è da ricercarsi in un calo importante del tasso di disoccupazione, che scende al 7,6%. Tuttavia, come si anticipava in apertura, il dato non è inerente alle fasce più giovani, ovvero le ragazze e i ragazzi della Generazione Z. Il tasso, nel caso specifico, sale al 21,7%, determinando un aumento di 0,9 punti.
In tale contesto si inserisce la questione salari. È ancora l’Istat a fornire indicazioni interessanti in merito. I lavoratori italiani guadagnano circa 3.700 euro in meno rispetto alla media dei lavoratori europei. Fa riflettere il confronto con la Germania dove il divario è rappresentato da una cifra importante: 8 mila euro.
In termini pratici: la retribuzione lorda media annua è di 27 mila euro in Italia ed è più bassa del 12% rispetto a quella media dell’Unione Europea. L’istituto di statistica, inoltre, riferisce che tra il 2013 e il 2022 la crescita delle retribuzioni lorde annue nel Bel Paese è stata del 12%, ovvero la metà rispetto alla media europea.
Lavoro, Millennials e Generazione Z: cosa succede?
I giovani sono il futuro. Una frase inflazionata che rivela, tuttavia, sempre una grande verità. Nonostante gli sforzi, l’occupazione giovanile fatica a decollare. Ma perché? L’ufficio di statistica del Comune di Roma, attraverso il BES, ovvero l’analisi degli indicatori di benessere equo e sostenibile, ha condiviso dati importanti sulla relazione giovani-lavori. Sul numero totale dei contribuenti della Capitale (oltre 2 milioni), si contano (al 2022) 172 mila persone al di sotto dei 30 anni. E ciò che desta preoccupazione è che la retribuzione media di questa fascia di lavoratori è di circa 10 mila euro l’anno.
Una criticità condivisa dunque da parte dei Millennials e nella piena totalità della Generazione Z.
Queste indicazioni sono in realtà specchio di quanto accade su scala nazionale. A inizio anno, l’Odm Consulting, società di HR consulting che accompagna le aziende in processi di trasformazione in grado di generare performance sostenibili, ha realizzato un’indagine proprio inerente al generation pay gap. L’analisi dei dati raccolti ha rilevato che: un lavoratore di trent’anni guadagna oltre il 30% in meno di un dipendente appartenente alla gen baby boomer. Ma il numero più importante riguarda la gen. Z: la retribuzione media degli impiegati è di 33.514 euro l’anno e quella dei Baby boomer supera del 17,5% la media, mentre quella della Gen Z è al di sotto del ben 23,1%. Un “-” 23,1% che pesa come un macigno.
La questione salari adeguati è al centro del dibattito politico; c’è chi chiede un salario minimo e chi pensa che si debba lavorare in maniera concreta su una contrattazione collettiva di qualità. Ve ne abbiamo parlato qui.
Le difficoltà di un’intera generazione: i giovani sono preoccupati per il loro futuro
La dodicesima edizione del rapporto Gen Z and Millennial Survey di Deloitte, azienda di servizi di consulenza e revisione, prova a raccontare le difficoltà di due generazioni che condividono molto e che hanno vissuto gli ultimi tre anni con estrema preoccupazione: Millennials e Gen Z. Lo studio ha coinvolto 22 mila persone in 44 Paesi del mondo; in Italia oltre 800 giovani. Proprio i Millennials nostrani hanno mostrato sincera preoccupazione per il carovita. Lo hanno fatto anche gli intervistati appartenenti alla Z, per la precisione il 38% di loro. Il problema di fondo, spiegano, è che lo stipendio percepito non consente loro di arrivare a fine mese con serenità.
Ne deriva che si sviluppano timori sempre più concreti legati alla possibilità di acquistare un immobile, o di crearsi una famiglia.
Non è un caso che proprio nel 2023 si sia registrato il record negativo di nascite. La denatalità è ai massimi storici e se l’andamento dell’economia nazionale e internazionale continuerà a richiedere sforzi importanti, il 71% dei Millennials, come rivela lo studio di Deloitte, crede fermamente che non riuscirà a mettere su famiglia; lo stesso discorso vale per il 63% degli appartenenti alla Gen Z.
Un secondo lavoro, amici, famiglia e aspettative sul work life balance
L’indagine racconta anche che molti decidono di accettare un secondo lavoro (37% Gen Z e 23% Millennials); si fa riferimento a impieghi che hanno a che fare con il mondo digital, dunque social network. Altri, invece, si iscrivono alle piattaforme di delivery e lavorano in qualità di rider.
Millennials e Gen Z vivono chiusi in una morsa: riconoscono l’importanza del lavoro, sia come impegno per la propria affermazione personale, sia come necessità economica. Tuttavia, sono anche più propensi a metterlo in secondo piano rispetto agli affetti e al tempo libero. Perché, e ne abbiamo parlato diverse volte, il work life balance è diventato una priorità dopo la pandemia. Dunque, è chiaro che per favorire l’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, molti preferirebbero lavorare in smart, oppure avere la possibilità di optare per la settimana corta.
Ci sono anche altri fattori che guidano gli intervistati a preferire queste modalità di approccio lavorativo: la salvaguardia dell’ambiente, ad esempio, il dimezzamento dei costi e l’opportunità di tutelare la propria salute mentale (sul tema oltre la metà del campione è d’accordo).
“Famiglia e amici sono più importanti della carriera”
“Come ogni anno la nostra Millennial Survey ci consegna uno spaccato molto significativo sulle aspettative e sulle preoccupazioni dei nostri giovani. Dai dati emerge con chiarezza che Millennial e GenZ hanno subito duramente l’impatto dell’inflazione scatenata da pandemia e guerra. Si tratta di un fenomeno che non riguarda solo questa fascia di popolazione, ma che preoccupa particolarmente i più giovani sia nel nostro Paese che nel resto del mondo”, ha commentato Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia.
“Anche sul fronte del lavoro – continua Pompei – si consolidano trend molto significativi. Flessibilità, salute mentale, attenzione all’impatto ambientale e sociale sono sempre più importanti per GenZ e Millennial alla ricerca di un lavoro. Molti giovani, inoltre, hanno messo in discussione la gerarchia di valori che dà senso alla loro vita: in Italia 7 intervistati su 10 affermano che famiglia e amici sono più importanti della carriera. Un dato che si riflette nella grande importanza attribuita al work-life balance e al lavoro ibrido, ormai considerato new normal”.