I primi cinque anni di vita di un bambino sono cruciali per l’apprendimento e per la formazione: questo è quanto determina il rapporto OCSE Improving Early Equity: From Evidence to Action, che utilizza i risultati dell’International Early Learning and Child Well-being Study (IELS). Lo studio è stato effettuato su un campione di 7000 bambini dislocati in tre diversi Paesi OCSE: Inghilterra, USA ed Estonia. L’intento è determinare i fattori che portano a uno sviluppo sano e attento dell’apprendimento. Come si vedrà, la condizione socio-economica della famiglia di appartenenza risulta essere uno degli elementi di maggiore incidenza.
Lo studio OCSE e il rapporto con gli INVALSI
L’indagine riguarda per lo più l’apprendimento precoce e racconta, tenendo presente i parametri utilizzati, come è possibile prevedere il futuro successo scolastico e lavorativo di un bambino. In primo luogo, bisogna chiarire che i primi cinque anni di vita sono caratterizzati “da grandi opportunità e grandi rischi”, esattamente come riporta lo studio. Ma non solo: la prima fase di apprendimento di una persona, ovvero durante la prima infanzia, viaggia a ritmi velocissimi, veloci come non saranno più. Pertanto è in questo arco di tempo che vanno a determinarsi parte di quelli che saranno i risultati accademici, la futura occupazione e, contestualmente, i guadagni, le abilità genitoriali e l’approccio all’impegno civico.
In primis, il rapporto evidenzia che i divari nell’apprendimento sono determinati, ad esempio, da condizioni socio-economiche differenti. Lo studio mostra come tra bambini di cinque anni che appartengono a contesti avvantaggiati e bambini di cinque anni che appartengono a contesti svantaggiati i secondi presentano un gap nell’apprendimento di 8/20 mesi rispetto ai primi. Lo sviluppo delle loro abilità cognitive e socio-emotive è quindi nettamente rallentato.
Il discorso vale anche per l’alfabetizzazione. Il divario registrato è di circa 12 mesi tra i primi e i secondi.
In breve: se i bambini non sviluppano abilità precoci, tra cui l’alfabetizzazione emergente o l’autoregolamentazione, sono costretti a fronteggiare sfide significative al fine di portare avanti con successo la carriera scolastica e ottenere buoni risultati nel mondo del lavoro.
Il ruolo dei genitori
I genitori giocano un ruolo fondamentale. I genitori presenti, quelli che seguono con attenzione la crescita dei figli, sono di grande aiuto per favorire l’apprendimento precoce anche se svantaggiati sotto altri punti di vista. Ovvero: se i genitori leggono libri ai bambini, se li supportano con costanza nell’educazione e nella cura, l’ago della bilancia può spostarsi e badare molto meno, magari, a una situazione socio-economica complessa come fattore di rischio per l’apprendimento precoce.
Anche sotto l’aspetto socio-emotivo il rapporto tra genitori e figli ha una valenza rilevante. Se l’ambiente “casa” è costruito in modo che non manchino stimoli e cure, il gap non solo si riduce ma, in alcuni casi, viene anche completamente colmato.
Apprendimento precoce e istruzione
Resta inteso che i bambini che frequentano istituti per la prima infanzia hanno molte più possibilità di avere successo in ambito scolastico e lavorativo. Chiaramente, l’istruzione proposta deve essere di qualità: deve poter responsabilizzare i bambini e consentirgli di sviluppare una certa autonomia. Anche i genitori sono coinvolti in questo disegno, anche a loro devono essere forniti gli strumenti per coadiuvare il processo di apprendimento precoce. L’intervento tempestivo, dunque a partire proprio dalla prima infanzia, può ridurre i divari educativi e assicurare una maggiore equità durante l’avanzamento del percorso.
Invalsi
Le tesi sostenute dall’indagine trovano riscontro anche nel Rapporto INVALSI 2022 dove si legge che “la scuola fa fatica ad attenuare l’impatto del contesto di provenienza degli studenti”. Inoltre, il rapporto chiarisce anche che la dispersione scolastica implicita appartiene per la maggiore agli allievi provenienti da famiglie svantaggiate.