Analisi GIMBE sui tempi d’attesa: nel 2022 recuperato solo il 65% delle prestazioni

La questione è nota: i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie rappresentano una delle principali criticità del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Le cause e le variabili che hanno contribuito o tendono ad aumentare il delta tra la richiesta del paziente ed il giorno in cui effettua la visita o l’esame, pure, sono conosciute. Si va dal rapporto tra domanda ed offerta, ossia quel numero che emerge confrontando le richieste di esami con quello delle prestazioni disponibili, sino alla disomogeneità dei servizi da Regione a Regione, passando per il covid.

L’emergenza epidemiologica ha di fatto ingolfato la macchina sanitaria. Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, rispetto al 2019, nel 2020 in Italia ospedali, ambulatori e strutture sanitarie non hanno effettuato o non hanno potuto compiere 1,57 milioni di ricoveri in meno, oltre 4 milioni di inviti per screening oncologici e 112 milioni prestazioni ambulatoriali, tra visite specialistiche, esami di laboratorio e strumentali.

Numeri impietosi che stanno aggravando lo stato di salute della nostra sanità, con conseguenze dirette sulle scelte, sulle tasche e sulla qualità della vita dei cittadini.

Fondi ed indicazioni per recuperare il tempo perduto

Per cercare di recuperare il tempo perso durante la pandemia e per risolvere i disagi arrecati ai pazienti, il Governo ha inserito uno stanziamento di 500 milioni di euro nella legge di bilancio 2022, mentre a gennaio 2022 il Ministero della Salute, con la pubblicazione di specifiche linee guida, ha indicato le priorità. Precedenza a ricoveri per interventi chirurgici programmati, inviti e prestazioni per le campagne di screening oncologici e prestazioni ambulatoriali.

Seguendo le indicazioni ministeriali, come ha ricordato in una nota stampa Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, ogni Regione ha elaborato il suo personalissimo Piano Operativo Regionale (POR), dove ha delineato strategie e modalità organizzative per recuperare i servizi sanitari non erogati durante il periodo pandemico.

Come è andata, qual è la percentuale di recupero e quanti fondi sono stati utilizzati per migliorare i tempi di attesa, lo spiega il “Rapporto sul coordinamento della Finanza Pubblica” della Corte dei Conti, che ha reso pubblici i dati del Ministero della Salute.

Prestazioni: recuperato il 66% dei ricoveri per interventi chirurgici

Complessivamente, come riferisce il GIMBE, che ha avuto accesso ai dati, le Regioni hanno inserito nei POR 512 mila ricoveri programmati da recuperare. Se alla fine del 2022 il Piemonte ha raggiunto il 92% della soglia indicata, la Liguria ha effettuato soltanto il 14% delle degenze. Complessivamente, il Sistema Sanitario Nazionale ha recupato il 66% dei ricoveri, ovvero 338 mila. All’appello mancano ancora il 34% di ospedalizzazioni per interventi chirurgici calendarizzati.

Sul fronte delle prestazioni erogate la percentuale rimane in linea con quella dei ricoveri. Nel 2022, infatti, le Regioni hanno raggiunto il 67% di 2,84 milioni prestazioni indicate nei POR, con Toscana, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte e Basilicata che si sono dimostrate Regioni virtuose, visto il completamento dell’obiettivo al 100%.

Decisamente migliore, invece, la percentuale inerente agli inviti per screening oncologici. In questo caso, anche se ci sono state notevoli differenze regionali (si va dal 100% di Piemonte, Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Basilicata al 14% del Friuli Venezia Giulia), il recupero nazionale si è attestato sull’82%.

Prestazioni ambulatoriali: recuperato solo il 57%

Più bassa, infine, la quota delle prestazioni ambulatoriali. A fronte di 11,9 milioni di prestazioni riportate nei POR, le Regioni hanno chiuso il 2022 al 57% del target. In pratica, 5,1 milioni di visite non sono state realizzate.

Un dato – come spiegato da Nino Cartabellottache ha avuto conseguenze rilevanti sui tempi di attesa delle nuove prestazioni ambulatoriali, e verosimilmente ne continua ad avere, visto che ne rimangono da recuperare oltre 5 milioni. Di tutte le prestazioni arretrate, nel 2022 ne sono state recuperate poco meno di due su tre, ovvero il 65%, e nessuna Regione ha raggiunto per tutte le prestazioni le quote di recupero previste dal POR.

Dati economici: speso solo il 70% dei 500 milioni stanziati

Per quanto riguarda i dati economici, le Regioni hanno rendicontato prestazioni per 348 milioni, ossia quasi il 70% dei 500 milioni stanziati dal Governo. Anche qui il GIMBE ha notato differenze regionali impressionanti: dal 2% del Molise si passa al 100 della Liguria, con alcune Regioni, come Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, che hanno superato il 100%. Verosimilmente, le aziende sanitarie hanno potuto contare su fondi extra messi a disposizione dalle rispettive giunte regionali.

Il dato più rilevante – ha aggiunto Cartabellotta analizzando questi numeri – è che non risulta una correlazione diretta tra risorse utilizzate e prestazioni recuperate: in altre parole, dalla rendicontazione del Ministero della Salute emergono inspiegabili variabilità regionali tra risorse investite e prestazioni recuperate.

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