Lo sport per rieducare i detenuti, il 23 giugno a Rebibbia si svolgerà una partita dall’alto valore sociale
Recupero. Questa è la parola d’ordine. Ed il recupero in questione non è legato al minutaggio addizionale che una terna arbitrale assegna alla fine dei tempi regolamentari. Lo sport c’entra, anche se qui si fa riferimento ad un fine da raggiungere attraverso un mezzo, che è anche un linguaggio universale e che l’UNESCO considera un diritto umano al quale tutti devono avere accesso.
La funzione dello sport all’interno della casa circondariale di Rebibbia
Lo sport ha un potere pazzesco. Grazie alla sua funzione sociale e pedagogica, può rivelarsi come un elemento foriero di benessere psico-fisico, di valori positivi e di competenze trasferibili in altri ambiti della vita. Altresì, parliamo di uno strumento capace di formare, educare o rieducare chi ha commesso errori o reati.
In quest’ottica si inserisce la partita di calcio della solidarietà tra l’Associazione Nazionale italiana calciatori olimpionici e i detenuti del G9 del carcere di Rebibbia di Roma. Martedì 13 giugno, all’interno della casa circondariale capitolina, non verrà inaugurato solo il nuovo impianto sportivo, ma si realizzeranno delle azioni volte a segnare dei goal dall’enorme peso sociale.
“Lo sport – ha dichiarato la Dott.ssa Rossella Santoro, Direttrice della Casa Circondariale di Rebibbia, a margine della conferenza stampa tenutasi in Senato giovedì 8 giugno – ha una grande valenza sociale anche perché la società che entra all’interno di questi territori è sempre molto positivo e fondamentale per l’opera di rieducazione dei reclusi. Soprattutto, dà un grande stimolo, una grande opportunità per riflettere su sé stessi e per dare loro la possibilità di un riscatto, di una seconda chance, della seconda opportunità che tutti devono avere.”
Lo sport nelle carceri per il Ministero della Giustizia
Anche se il Ministero della Giustizia, alla voce sport, ammette che “La pratica sportiva all’interno degli Istituti penitenziari svolge un significativo ruolo volto a promuovere la valorizzazione della corporeità e l’abbattimento delle tensioni indotte dalla detenzione, favorendo al tempo stesso forme di aggregazione sociale e di positivi modelli relazionali di sostegno ad un futuro percorso di reinserimento”, stando ai dati del rapporto Antigone, solo il 40,6% degli istituti visitati dall’associazione garantisce l’accesso a un campo sportivo settimanalmente. I motivi sono diversi ed, in gran parte, sono legati allo stato in cui versano gli impianti. La volontà di migliorare il trend c’è tutta.
“Ci sono tantissime strutture che sono munite di impianti sportivi o che hanno campi di calcio – ha aggiunto la Direttrice -. Tante altre, poi, si stanno attrezzando. Anche nel mio istituto qualcuno era fatiscente e lo abbiamo ristrutturato proprio perché crediamo nella valenza sociale dello sport.”
Da una semplice amichevole può nascere una collaborazione duratura
Quando manca davvero poco al fischio d’inizio, le aspettative crescono. L’auspicio, come spiega la Direttrice del penitenziario che ospiterà la partita di solidarietà, è uno:
“È una continua e costante collaborazione con queste associazioni per aiutare quella che è l’opera di rieducazione all’interno dell’istituto penitenziario.”
Insieme all’Associazioni NICO e ai detenuti del G9 di Rebibbia, scenderanno in campo diverse organizzazioni. Anche OPES, in qualità di Ente di Promozione Sportiva riconosciuto da CONI e CIP e di Rete Associativa nazionale di Terzo Settore, sosterrà e supporterà l’iniziativa.
Quel campo di calcio, a partire da martedì 13 giugno, diventerà un ponte tra lo stare dentro e fuori dal carcere, tra una necessità ed un diritto e tra la rieducazione ed il reinserimento sociale.