Con una fumata grigia, tendente al colore del piombo, si è concluso l’incontro tra gli studenti universitari delle tende, i rettori degli Atenei capitolini, Lazio DiSCo (Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione della conoscenza) e gli esponenti della Regione e del Comune.
La rappresentanza di matricole e laureandi, che venerdì 12 maggio avevano smontato l’accampamento sotto la Minerva, simbolo della più grande Università d’Europa, attendeva con trepidazione il 18 maggio per capire se le Istituzioni avrebbero ascoltato le loro proposte e presentato delle soluzioni necessarie a mettere la parola fine sull’annosa questione del caro affitti e sulla carenza di alloggi universitari accessibili a tutti. Volevano ricevere delle risposte, chiedevano certezze ed invece hanno potuto ascoltare pareri giudicati vaghi ed opinioni considerate inadeguate. Al termine del confronto hanno manifestato tutto il loro disappunto e la loro delusione.
La delusione degli studenti nelle parole di Mattia Santarelli
“Ci sarebbero tutti gli strumenti per attuare subito un piano straordinario per l’edilizia universitaria, puntando su una sinergia tra gli Enti locali per rigenerare spazi abbandonati o sotto utilizzati – dichiara Mattia Santarelli, lo studente fuori sede dell’università La Sapienza di Roma che risorse.news aveva intervistato la settimana scorsa, quando ancora montava la protesta delle tende -. La Regione deve agire subito discutendo con noi studenti. C’è un Ente regionale per il diritto allo studio che funziona e negli anni ha garantito passi in avanti, utilizziamolo insieme da subito“.
La protesta dei laureandi non si fermerà, come ammette lo stesso Santarelli: “Usciamo da questo tavolo con poche risposte. Ci teniamo a ringraziare la Rettrice per la disponibilità e il Comune di Roma per alcuni impegni presi, specie sul piano casa. Ma non basta“.
Una protesta generazionale
A scoperchiare quello che potrebbe essere definito come il vaso di Pandora dell’università italiana ci ha pensato lo scorso 3 maggio Ilaria Lamera, una studentessa del Politecnico di Milano. La sua iniziativa di accamparsi in tenda dinanzi alla sua facoltà, per portare all’attenzione dell’opinione pubblica una situazione insostenibile, tanto dal lato del caro affitti quanto per tutto ciò che concerne il diritto allo studio, è stata emulata lungo tutto lo Stivale. Da nord a sud, fuori dai rettorati, sono spuntate decine di tende da campeggio. L’Italia ha così scoperto che la condizione di Ilaria Lamera era la stessa vissuta da altri 590.000 giovani. Questo, infatti, è il numero di coloro che hanno deciso di intraprendere un percorso accademico lontano dalla propria residenza.
In poche settimane le tende sono diventate il simbolo di una protesta generazionale, di ragazze e ragazzi che invocano giustizia sociale, fiducia ed un futuro.
Tra PNRR e censimento dei beni pubblici sfitti
Aumentare i posti letto negli studentati è diventata una priorità. A Roma, ad esempio, a fronte di oltre 40 mila studenti fuori sede ci sono soltanto 2.800 posti letto. Chi non rientra nelle graduatorie è costretto a trovarsi una stanza di pochi metri quadrati in affitto, per lo più a cifre che non sono sostenibili da un giovane.
Il Governo sembra aver colto il disagio di una generazione. La scorsa settimana, il Consiglio dei Ministri ha sbloccato 660 milioni, previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per l’housing universitario. L’obiettivo è quello di toccare quota100 mila posti letto entro il 2026. Nell’immediato, invece, una parziale risposta potrebbe arrivare dal censimento dei beni pubblici sfitti che avrebbero così una nuova destinazione d’uso.
Su questo punto, almeno, tutti gli attori sono d’accordo. Ministri, assessori regionali, rettori e studenti vedono negli alloggi liberi le nuove residenze universitarie.