Cosa succede al nostro Pianeta? Docufilm e arte per raccontare i cambiamenti climatici

Lo scorso 22 aprile si è celebrato l’Earth Day, una giornata dedicata alla Terra, alla divulgazione sui pericoli che corre il Pianeta e alla bellezza che lo rende ciò che è. L’impegno degli attivisti, in tal senso, è tanto noto quanto discusso; le mobilitazioni vedono sempre accendersi delle controversie sulle modalità con cui vengono portate avanti. 

C’è anche chi, anziché manifestare in strada, restituisce il proprio punto di vista, fa sentire la propria voce, attraverso l’esperienza artistica e multimediale. Mostre e docufilm per parlare di salvaguardia dell’ambiente, per raccontare come il Pianeta e i suoi abitanti stiano affrontando i cambiamenti climatici e le criticità legate alle trasformazioni naturali e non. 

Tra le iniziative che più hanno ottenuto risonanza nelle ultime settimane: il docufilm “Bigger Than Us”, il documentario di Anne de Carbuccia, “Earth Protectors”, e l’idea ecologista del Leopold Museum di Vienna. 

Il Pianeta Terra e la sua evoluzione strizzano l’occhio alla macchina da presa

Il cinema racconta. Lo fa da sempre. Da quando nel 1865 fu proiettato a  Parigi il corto di 50 secondi dei fratelli Lumière, “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat”. Oggi, a oltre un secolo di distanza, anche se con mezzi diversi, avveniristici, la macchina da presa continua a catturare storie e a consegnarle al pubblico ancora e sempre con lo scopo di meravigliare, coinvolgere, sconvolgere, far riflettere, commuovere ed entusiasmare. 

Da questi presupposti parte chi ha scelto di raccontare il Pianeta Terra attraverso il mezzo multimediale. Negli ultimi mesi sono stati realizzati diversi prodotti cinematografici che hanno affrontato il tema, ma a ridosso dell’Earth Day 2023 sono due i documentari che hanno catalizzato l’attenzione. Il primo è “Bigger Than Us”, un docufilm che racconta l’attivismo giovanile, i movimenti nati e guidati dalle nuove generazioni, ideato da Flores Vasseur e presentato durante l’ultimo Festival di Cannes. Il progetto ha visto anche il coinvolgimento di Marion Cotillard e non è un caso. L’attrice, infatti, ha da sempre mostrato un importante interesse verso la questione ambientale e l’ecologia. 

Un giro del mondo che esplora le mobilitazioni più creative e originali realizzate dalle ragazze e dai ragazzi per accendere i riflettori su inquinamento, riscaldamento globale e ingiustizie sociali. Tra le riflessioni approntate nella narrazione c’è anche il racconto intessuto dai media sulle azioni portate avanti dai giovani attivisti e il riscontro che hanno tra l’opinione pubblica.

Trova spazio tra le sequenze anche un forte messaggio di speranza: i giovani del mondo, prescindendo dall’etnia, dai chilometri che li dividono, e dal credo religioso e dal retaggio culturale, si muovono insieme, condividono intenti e ideali e combattono per il Pianeta.

I protettori del Pianeta Terra

Anne de Carbuccia, artista e ambientalista della Corsica, in 90 minuti ha riportato invece attraverso immagini strabilianti la Terra nel suo essere “una macchina perfetta”. “Earth Protectors”, il titolo del docufilm, intende sdoganare l’idea dell’uomo al centro di tutto. Il viaggio di de Carbuccia in luoghi remoti minacciati dai cambiamenti climatici, iniziato molti anni fa, evidenzia come “la perdita ambientale diventa anche perdita culturale”. I Protettori della Terra, i protagonisti di questo diario video e fotografico, sono giovani che non si arrendono, che scelgono di adattarsi alla Terra e non di stravolgere i suoi equilibri. Secondo l’artista “la bellezza e l’arte sono strumenti potenti per convincere ognuno di noi a diventare un Protettore della Terra”. 

“Qualche grado in più trasformerà il mondo in un posto scomodo”

A proposito di arte, il Leopold Museum di Vienna ha dato vita a un’iniziativa estrosa, ma ben ponderata per celebrare l’Earth Day. Il museo austriaco, già balzato agli onori della cronaca quando degli attivisti di Last Generation avevano imbrattato un’opera di Klimt, ha letteralmente inclinato le opere presenti nella pinacoteca così da inviare un segnale forte ai visitatori: “A few degrees more will turn the world into an uncofortable place” (“Qualche grado in più trasformerà il mondo in un posto scomodo”), lo slogan che ha caratterizzato il progetto. 

Questo perché, come spiega l’organizzazione sul proprio sito web, “Per anni gli scienziati hanno avvertito di un aumento del clima mondiale di oltre 1,5 °C” che sembra un cambiamento impercettibile; bene, inclinando le opere si è voluto dimostrare come, in realtà, si tratti un peggioramento ben più che tangibile. 

Ma c’è di più. I paesaggi illustrati dai grandi maestri esposti al Leopold, come quelli di Egon Schiele, Gustav Klimt e Gustave Courbet, rappresentano dei luoghi reali che subirebbero trasformazioni inedite se si verificasse quanto divulgato dalla scienza.

Il direttore del museo ha sempre mostrato, d’altra parte, una forte sensibilità sul tema: “I musei – ha spiegato Hans-Peter Wipplinger – conservano e trasmettono il patrimonio culturale alle generazioni future e hanno il potenziale per influenzare positivamente la nostra azione futura rendendo le persone consapevoli dei fenomeni sociali”.

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