Dal taglio dei posti di lavoro, all’introduzione di alcune funzioni a pagamento: cosa succede alle imprese alle spalle dei social network? Meta e Twitter, in particolar modo, non vivono un periodo florido, anche se dall’esterno potrebbe sembrare il contrario. Facebook, Instagram e Twitter, continuano a vivere e a fatturare, ma non come qualche anno fa. Uno dei fattori, come si vedrà, che ha portato a una crisi interna delle aziende, è sicuramente il successo – spropositato – che ha ottenuto Tik Tok. Ma, come si diceva, questo è solo uno dei fattori che ha messo spalle al muro Zuckerberg…
Da cosa è data la crisi dei social network?
Procediamo con ordine. Durante le prime fasi della pandemia, i social network hanno avuto un ruolo estremamente rilevante. In parte perché i contenuti informativi hanno permesso agli utenti di essere sempre aggiornati su quanto accadeva nel mondo; in parte perché, a causa delle restrizioni, l’esigenza di occupare il tempo e di evitare la solitudine hanno spinto migliaia di persone a trascorrere più tempo sulle piattaforme di quanto facessero in precedenza.
Si arriva quindi al punto in cui Mark Zuckerberg vede sotto una luce estremamente ottimista il quadro dei ricavi non solo per il 2020, ma anche per gli anni a venire. Banalmente, è accaduto che il lockdown è finito e che Tik Tok ha occupato con prepotenza uno spazio che prima apparteneva a qualcun altro. Nell’autunno del 2022 le certezze del papà di Facebook sono crollate: Meta ha registrato un calo del valore di mercato impensabile.
Lasciamo parlare i numeri: nell’estate del 2021, quando ancora aleggiava un’importante inquietudine dettata dalla diffusione del virus e dalla continua evoluzione delle sue varianti, Meta aveva un valore di mercato pari a un trilione di dollari. Lo scorso novembre, invece, Meta valeva 240 miliardi. Attualmente, dopo una serie di manovre, è a 470 miliardi. Un tonfo doloroso. Quanto ai ricavi, Meta ha chiuso il 2022 con un utile netto dimezzato del 55% rispetto all’anno precedente, ovvero 23,2 miliardi.
Il crollo di Meta
Ma cosa è successo? Se da una parte il lockdown ha incollato allo schermo dello smartphone gli utenti social, dall’altra chi ne ha il compito della gestione ha dovuto fare i conti con diverse criticità. Prima su tutte: evitare la diffusione di fake news e fare in modo che le normative sulla privacy venissero rispettate. La qual cosa ha richiesto ulteriore forza lavoro, che si traduce in nuove assunzioni. Ma tant’è, i ricavi erano buoni e in California c’era ottimismo considerati i numeri e le performance. Secondo poi, c’era da fronteggiare il nemico Tik Tok, la piattaforma cinese che ha conquistato il cuore dei social addicted in pochissimo tempo.
Lavorare sugli algoritmi di reel, stories, e diffusione delle immagini è diventato fondamentale non solo per stare al passo della tecnologia di Tik Tok, ma anche per rispondere alle esigenze di mercato. Perché, e questo non va mai dimenticato, il marketing segna, volenti o nolenti, l’andamento di una piattaforma. Un’altra problematica è da rilevarsi nelle entrate derivate dalle pubblicità: queste, infatti, non hanno soddisfatto il fondatore, presidente e CEO di Meta.
Quelle che quindi sembravano opportunità si sono trasformate velocemente in cause perse. Zuckerberg ha licenziato 11mila dipendenti lo scorso novembre e ha annunciato, proprio nelle ultime ore, un ulteriore taglio di altre 10mila unità (cosa che dovrebbe concretizzarsi entro il prossimo maggio, come riporta il Wall Street Journal).
“Dato che quest’anno ho parlato di efficienza – ha spiegato lo stesso Zuckerberg – ho detto che parte del nostro lavoro comporterà la rimozione di posti di lavoro e questo sarà al servizio sia della costruzione di un’azienda più snella e più tecnica che del miglioramento delle nostre performance aziendali, per realizzare la nostra visione a lungo termine”. Stando a queste parole, si può dedurre che Meta cambierà strategia, che forse interi reparti verranno spazzati via. Tutto ciò non senza rivolgere un pensiero ai “colleghi talentuosi e appassionati che hanno contribuito al nostro successo. Si sono dedicati alla nostra missione e sono personalmente grato per tutti i loro sforzi. Sosterremo le persone nello stesso modo in cui abbiamo fatto prima e tratteremo tutti con la gratitudine che meritano“.
Rientra nel piano “salva Meta” anche l’esperimento di promuovere piani a pagamento per gli utenti di Facebook e Instagram. Ne abbiamo parlato qui.
E Twitter?
Anche Elon Musk, che ha acquistato Twitter solo la scorsa estate, non sta attraversando una fase gratificante con la sua nuova impresa. Anzi.
Il social dei 280 caratteri ha cambiato pelle. Nel giro di sei mesi, in Twitter sono stati licenziati migliaia di dipendenti (oltre 3mila); l’ultima tornata risale alla scorsa settimana, con 200 licenziamenti. Stando a quanto riporta il Wall Street Journal, si tratterebbe per lo più di ingegneri. Allo stato attuale, Twitter conta circa 2mila dipendenti, ma i tagli potrebbero non essere finiti.
Elon Musk ha messo in atto una vera e propria rivoluzione, lavorando non solo sulle funzionalità e il regime dei costi, ma anche sui contenuti; dunque il cuore, il motore, del social.
Ma perché si è reso necessario un cambiamento di tale portata? La risposta sta, ancora una volta, nei numeri: Twitter ha chiuso l’ultimo trimestre del 2022 con i ricavi in caduta del 35%. Come è noto ai più, il numero uno di Tesla ha improntato un business plan per vedere Twitter spiccare nuovamente il volo entro il 2028. Obiettivo? Quintuplicare i ricavi attuali. Una sfida, al netto dei fatti, durissima.