Partiamo da un dato riportato da Save The Children e diffuso dal Ministero dell’Istruzione e della Scienza ucraino: 48 scuole sono state rase al suolo da settembre a dicembre 2022. Aggiungiamo, che altri 133 istituti in Ucraina sono stati danneggiati nel primo semestre del corrente anno scolastico.
Banale sottolineare quanto questi numeri abbiano creato enormi difficoltà ai giovani studenti e alle loro famiglie. Il Governo ha disposto che laddove è possibile le lezioni proseguono in presenza, in caso contrario da remoto. Già di per sé, e lo si è sperimentato anche in Italia durante le fasi più dure della pandemia, la didattica a distanza è complessa e ostacola il percorso formativo ed educativo.
Si consideri inoltre il contesto: una quotidianità fatta di bombardamenti, allarmi aerei, distruzione, ansia, angoscia e dolore.
“La scuola dovrebbe essere un luogo felice”: il commento della Direttrice di Save the Children Ucraina
La Direttrice di Save the Children in Ucraina ha commentato così quanto accade nel Paese guidato da Zelensky: “La scuola dovrebbe essere un luogo felice e sicuro per i bambini e uno strumento essenziale per crescere e realizzarsi con successo come persone. Dobbiamo garantire un accesso senza ostacoli all’istruzione e una totale protezione durante l’apprendimento. Gli attacchi quotidiani alle scuole in Ucraina non devono essere tollerati, poiché compromettono non solo l’opportunità di apprendimento dei bambini, ma anche la loro vita“.
Una verità che riguarda bambini e ragazzi di tutto il mondo. UNICEF specifica che oltre cinque milioni di bambini sono stati costretti a rinunciare alla propria istruzione dall’inizio del conflitto. Pertanto, hanno dovuto mettere in pausa il presente e in “forse” il proprio futuro. D’altra parte, come ricorda ancora l’UNICEF, i due anni di Covid e gli otto di guerra per gli studenti dell’Ucraina Orientale già avevano messo in seria difficoltà il percorso di apprendimento di migliaia di studenti. Il conflitto scoppiato il 24 febbraio del 2022 è stato, e il richiamo non potrebbe essere più calzante, la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
I rifugiati
Guardando anche ai rifugiati – un incredibile esodo che non si verifica dagli anni ‘40 del Novecento – UNICEF stima che due bambini su tre non sono attualmente iscritti al sistema scolastico del Paese che li ospita. Un’indagine di Unhcr rileva, ad esempio, che il 20% dei minori ucraini arrivati in Italia non frequenta la scuola. In proposito, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha reso noto che, al 20 dicembre 2022, risultavano iscritti nelle scuole nostrane solo 19.617 studentesse e studenti ucraini.
Il 10 gennaio scorso, durante una visita istituzionale in Polonia, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha chiarito: “Il Ministero e ogni scuola italiana hanno il dovere di garantire a ogni minore indipendentemente dalla nazionalità, l’accesso ai servizi educativi. Si tratterà poi di ricostruire in Ucraina un sistema scolastico efficiente”.
C’è ancora un altro aspetto da considerare nel mare magnum di criticità sul tema: le conseguenze del conflitto non si abbattono solo sul processo di formazione di bambini e ragazzi, ma anche sulla loro salute mentale.
Le conseguenze sulla salute mentale
ONG come Save The Children e Onlus come UNICEF si adoperano costantemente perché venga agevolato il percorso di ripresa per chi si trova ad affrontare situazioni difficili come quella che vive attualmente l’Ucraina. Tuttavia, gli sforzi, per quanto utili e premianti, non bastano. L’impatto che il conflitto sta avendo sui più giovani è devastante. Come riporta l’UNICEF, circa 1,5 milioni di bambini è a rischio di depressione, ansia e stress post traumatico.
Save The Children ha interrogato i minori che hanno dovuto lasciare il proprio Paese a causa dello scoppio del conflitto. “Questa è la mia vita e non voglio sprecarne un anno: le esperienze e il benessere dei minori in fuga dall’Ucraina”, è il titolo dell’indagine dalla quale si è rilevato che la metà dei bambini e ragazzi intervistati si sente più ansiosa da quando è fuggita dall’Ucraina, numero che schizza al 78% per over 16.
Dal report, inoltre, emerge un altro fattore interessante: chi non frequenta la scuola avverte un importante senso di solitudine. In sostanza, i minori in questione non solo hanno dovuto abbandonare la vita che conoscevano e misurarsi con realtà diverse e nuove lingue, ma devono anche far fronte, spesso, alla mancanza di empatia e alla solitudine che li circonda.
L’indagine fornisce quindi anche spunti per agevolare la permanenza di bambini e ragazzi nei Paesi ospitanti: praticare sport o dedicarsi a degli hobby, imparare, seppur in maniera superficiale, la lingua locale e avere degli amici nella comunità ospitante.
Resta inteso che si tratta di buone pratiche utili solo a tamponare il dolore, la rabbia, la tristezza e la frustrazione che bambini e ragazzi ucraini sono costretti a vivere.