L’obiettivo è zero emissioni entro il 2050. L’Europa ha le idee chiare. Lo scorso 19 febbraio, infatti, è stato mosso un passo importante verso il traguardo: lo stop ufficiale alla vendita di auto a motore termico a partire dal 2035. La decisione, arrivata nelle ultime ore, fa parte del maxi-pacchetto per il Clima “Fit for 55”. Il Parlamento Europeo ha varato lo stop con 340 voti a favore; 279 gli eurodeputati contrari e 21 gli astenuti.
Le preoccupazioni e gli obiettivi del Governo italiano
Innovazione e tutela dell’ambiente: i due paradigmi da cui dipende il futuro dell’Europa e non solo. Lo stop alla vendita di veicoli a diesel e a benzina è stato decretato sulla base di previsioni che dimostrano una riduzione delle emissioni tanto importante quanto necessaria.
“Questo regolamento incoraggia la produzione di veicoli a emissioni zero e basse – ha spiegato Jan Huitema, politico tedesco e membro del Parlamento europeo – […] Contiene un’ambiziosa revisione degli obiettivi per il 2030 e un obiettivo di zero emissioni per il 2035, che è fondamentale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. L’acquisto e la guida di auto a emissioni zero diventeranno più convenienti per i consumatori e un mercato dell’usato emergerà più rapidamente”.
Un messaggio rivolto sì ai cittadini e alle istituzioni, ma anche ai produttori del settore automotive. D’altra parte, questa iniziativa richiede un cambiamento repentino del mercato e le maggiori preoccupazioni riguardano una disparità tra gli obiettivi posti dal Parlamento e la fattibilità, guardando sia alle tempistiche sia alla produzione in quanto tale: costi, materiali e così via. Si ricorda, tuttavia, che nel dicembre del 2026, la Commissione Europea avrà il compito di monitorare il gap tra i valori limite delle emissioni e i dati del consumo sia di carburante sia di energia.
Matteo Salvini: “a rischio centinaia di posti di lavoro”
La decisione non è stata accolta favorevolmente da alcuni esponenti del Governo italiano. Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha così commentato il provvedimento, illustrando le apprensioni dell’esecutivo: “Questo provvedimento metterebbe a rischio il posto di centinaia di migliaia di lavoratori, consegnando la produzione di un’intera industria alla Cina, il più grande Paese inquinante al mondo”.
Inoltre, ha aggiunto: “Convocheremo aziende produttrici, sindacati e associazioni per stabilire una strategia per fronteggiare questa pazzia: non si lotta per l’ambiente togliendo il lavoro agli italiani”. Il riferimento è al recente annuncio da parte di Ford di essere pronta a licenziare quasi quattromila dipendenti in Europa, proprio perché la produzione delle vetture elettriche non necessita della stessa manodopera applicata a auto a diesel o a benzina.
In merito, Martin Sander, direttore generale di Ford Model in Europa, ha dichiarato: “Sono decisioni difficili, non prese alla leggera. Riconosciamo l’incertezza che crea per il nostro team e voglio assicurare che offriremo loro il nostro pieno supporto nei prossimi mesi. Ci impegneremo in consultazioni con le nostre parti sociali in modo da poter andare avanti insieme nella costruzione di un futuro fiorente per la nostra attività in Europa”.
“Una visione miope e ideologica”, il commento del ministro Urso
Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha parlato di una “visione miope, ancora ideologica, che prescinde dalla realtà, come se nulla fosse accaduto nel frattempo”. Ha proseguito facendo riferimento al conflitto tra Russia e Ucraina: “dovrebbe averci insegnato qualcosa. Non si può dipendere da altri: ieri dalle fonti fossili russe, oggi dalla tecnologia green cinese. Per non citare la dipendenza dalle terre rare. Dobbiamo avere una visione più adeguata alla realtà, per cambiarla davvero, innovando senza distruggere”.
Una mobilità green: auto elettriche e innovazione
Nel frattempo, nonostante le remore e le riflessioni, l’Italia è al lavoro per una mobilità green. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, lo scorso gennaio, ha diffuso una nota inerente ai fondi del PNRR previsti per l’installazione di 21 mila stazioni di ricarica per veicoli elettrici entro tre anni.
“Il MASE – si legge – disciplina le modalità di accesso mediante gare ai fondi, 713 milioni di euro, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Missione 2, Componente 2, Investimento 4.3) per installare entro fine 2025 almeno 7.500 infrastrutture di ricarica super-rapida sulle strade extraurbane, escluse le autostrade, e 13.755 infrastrutture di ricarica veloci nelle città”.
Il ministro del dicastero, Gilberto Picchetto, ha chiarito: “C’era grande attesa per questi provvedimenti che potranno consentire all’Italia di imprimere una marcia accelerata agli obiettivi di decarbonizzazione dei trasporti, dal cui raggiungimento dipende anche la qualità dell’aria e della vita nei nostri territori. Gli uffici hanno svolto un lavoro tecnico di alto livello, che non lascia indietro alcuna area del Paese, ma dà la grande possibilità all’intero sistema nazionale di guardare, mai così da vicino, quei traguardi di sostenibilità che attendono la nostra mobilità”.
Ma cosa prevede il testo?
Il testo che ha vinto con 340 voti a favore prevede in primo luogo la riduzione del 100% delle emissioni di CO2 da parte di vetture e furgoni entro il 2035; prima, però, è previsto il raggiungimento di un traguardo intermedio: entro il 2030 le case di produzione dovranno ridurre del 55% le emissioni delle auto che verranno messe sul mercato e del 50% quelle dei veicoli commerciali.
Come si anticipava in apertura, tra il 2025 e il 2026 la Commissione Europea si occuperà di monitorare il grado di emissioni e l’andamento del mercato. Ogni due anni la Commissione renderà nota una relazione volta ad evidenziare gli eventuali progressi.
Nel documento si chiarisce inoltre che è stato disposto lo stop alla vendita e non all’utilizzo di auto a diversa combustione da quella elettrica. Pertanto le vetture già in possesso degli automobilisti potranno continuare a circolare.