Anche l’università sta diventando un lusso. Per l’anno accademico 2021/2022 è stato registrato un calo delle immatricolazioni in diversi atenei del -3%; l’ennesima conseguenza della crisi che il Paese sta attraversando. Ne deriva che molte famiglie faticano a sostenere i figli nel percorso di studi, ancor di più se ci si riferisce a ragazze e ragazzi che per frequentare devono spostarsi e abitare in città diverse da quella della propria residenza.
Pagare le tasse, acquistare i libri di testo e svolgere, insomma, tutte quelle attività che compongono le tappe principali del cammino universitario sta diventando oneroso e complesso. A ciò si aggiunge un altro elemento, sintomatico dei numerosi ostacoli che il mondo dell’istruzione sta incontrando: il numero sempre crescente di studenti che decide di interrompere gli studi universitari.
Da poche settimane si è insediato il Governo guidato da Giorgia Meloni e il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito, Valditara, ha già chiarito che gli interventi in merito alle questioni più spinose saranno tempestivi.
Tuttavia, il calo delle immatricolazioni e l’esodo dalle università dipende anche dalla condizione economica che attualmente vive l’Italia, nonché dall’inadeguatezza delle borse di studio erogate per concedere una chance agli studenti meno abbienti. In proposito, sempre più spesso gli studenti scelgono di spostarsi oltre i confini nostrani, proprio grazie alle borse di studio offerte dagli atenei degli altri Paesi.
Università, in calo il numero di iscritti: i dati elaborati dal Miur
In termini pratici, sono quasi diecimila gli iscritti in meno per il 2021/2022 rispetto all’anno accademico precedente. I nuovi iscritti sono stati 320.863 a fronte dei 330.266 del 2020/2021. Bisogna chiarire che i numeri in questione sono su scala nazionale, ma in diverse regioni della Penisola gli atenei hanno rilevato una crescita in termini di immatricolazioni, tra questi: il San Raffaele di Milano, il Politecnico di Torino, il Campus Biomedico di Roma, La Sapienza di Roma, Tor Vergata di Roma, la Parthenope di Napoli e il Suor Orsola Benincasa di Napoli. Esclusi i singoli casi, le criticità ci sono e hanno un peso specifico.
Oltre alla retta universitaria e a un eventuale affitto da pagare, sono anche le spese accessorie come l’abbonamento ai mezzi pubblici e l’aumento dei prezzi che riguarda i beni di prima necessità a limitare le possibilità nel campo dell’istruzione superiore. Le famiglie faticano e la carriera universitaria dei figli ci rimette.
Si potrebbe obiettare che gli studenti, quelli seriamente motivati, potrebbero provvedere alle loro esigenze cercando un impiego part-time; qui ci si scontra con un’altra dura realtà, quella del mercato del lavoro che, attualmente, è più complesso di quanto non fosse due anni fa. Trovare un impiego ben retribuito che permetta di pagare un affitto e/o la retta universitaria e che inoltre consenta di avere tempo per studiare e ottenere risultati premianti è molto più complicato di quanto si possa pensare. Anche in questo caso a determinare le sorti degli studenti lavoratori è l’aumento dei costi dell’energia; le aziende assumono con meno frequenza, somministrando sempre più contratti a tempo.
Il mondo del lavoro che cambia
A proposito di mondo del lavoro, è doveroso aprire una parantesi. Il mercato richiede figure specializzate per ogni ambito, certo, ma per alcune di queste non è necessario essere in possesso di un diploma di laurea. Fattore che ha inciso su molti diplomandi al momento della scelta del percorso da intraprendere dopo la maturità.
Ad esempio, nel campo del digitale, che riguarda figure professionali come Digital Marketing Manager o Social Media Manager, la laurea è forse un elemento in più, ma non quello decisivo. Talvolta basta aver conseguito un titolo al termine di un corso più breve di quanto possa essere quello universitario che però assume la stessa valenza agli occhi di un datore di lavoro, a cui importa delle skill acquisite dalla persona da mettere poi a servizio della propria attività.
Si arriva quindi a decidere di evitare di investire anni e soldi nelle università. Parliamo solo di una fetta del campione interessato da questa analisi, ma forse rappresenta la proiezione di qualcosa che negli anni a venire diventerà una costante. Anche perché la laurea, soprattutto triennale, non assicura più un ingresso agevole nel mondo del lavoro; pertanto le soluzioni alternative sembrano trovare sempre più spazio.
Borse di studio e prestito d’onore: a che punto siamo?
Anche le borse di studio fanno parte dell’equazione. I sussidi allo studio se rapportati ai costi attuali non consentono più una stabilità economica; inoltre, al netto dei fatti, anche gli studenti con famiglie appartenenti al ceto medio stanno riscontrando non poche difficoltà, pertanto le borse di studio non bastano più e non arrivano a incontrare le necessità degli iscritti.
Recentemente il Premier Giorgia Meloni ha fatto riferimento alla valorizzazione del prestito d’onore, ossia un prestito con tassi agevolati. In sostanza, la misura in questione dovrebbe consentire agli studenti di praticare con meno affanni il percorso universitario. Tuttavia, nel nostro Paese vengono erogati pochissimi finanziamenti di questo tipo ed è facilmente intuibile il motivo: considerando lo scarso equilibrio del mercato del lavoro, coprire il debito nel post-laurea potrebbe essere difficile. Va chiarito comunque che in molti casi è possibile ripagare il prestito due anni dopo aver conseguito il titolo, un plus che non deve essere sottovalutato.