Sebbene sia ritenuta di vitale importanza l’istruzione durante la crescita dei bambini e delle bambine, c’è un altro elemento che deve essere presente e da cui non si può prescindere: l’attività fisica. Lo sport ricopre un ruolo preponderante soprattutto per i minori: insegna il fairplay e la lealtà, consente agli individui di comunicare e crescere insieme, agisce positivamente sulla salute fisica e mentale, permette di prefissarsi e raggiungere degli obiettivi e, infine, realizza i sogni. Sono tutti aspetti rilevanti in fase di formazione; alcuni più pratici, altri più romantici, ma tutti fanno capo ai concetti di impegno e serenità. La dedizione che trasferisce l’attività fisica, poi, può essere applicata in ogni ambito della vita.
Allora, considerate le premesse, perché talvolta lo sport ricopre un ruolo marginale nel dibattito pubblico e/o politico? Perché i dati raccolti negli ultimi anni restituiscono la fotografia di un Paese che non presta l’attenzione dovuta a un mondo tanto importante, quale quello sportivo? Le ragioni sono disparate, tuttavia alcune meritano un’analisi più approfondita di altre, questioni che scandaglieremo nei prossimi paragrafi.
Sport e minori: i dati degli ultimi anni
Apriamo subito con l’asserire che i numeri sul tema non sono affatto confortanti. Già prima della pandemia i dati non erano entusiasmanti, tuttavia si era verificato un incremento dell’attività all’aperto e rispetto a un passato recente (2015) si era manifestato un miglioramento che faceva ben sperare. Dal 2020 in poi le cose invece sono andate peggiorando e si è andati incontro a una cristallizzazione.
A darne contezza, alcune indagini condotte dall’Istat, istituto di statistica italiano. Una in particolare che riguarda il 2021 ha registrato le percentuali di coloro che praticavano un’attività sportiva, soprattutto in tenera età. Ad esempio, nell’età dell’asilo, nell’arco temporale di due anni, si è passati dal 35% al 16%; dai 6 ai 10 anni, invece, la percentuale è calata da 66 a 48,9; quanto agli studenti e alle studentesse delle scuole medie, dal 68% al 54,8%. Chiudiamo la carrellata di numeri con le percentuali che riguardano gli adolescenti, quelle meno pronunciate: dal 61% si è arrivati al 55,2%.
In sintesi, si è verificata un’importante disaffezione che sta portando la questione a essere di primaria importanza soprattutto per l’impatto che ha sulla società in fase di formazione e sulla salute fisica e mentale dei soggetti interessati.
È assodato che la pandemia abbia contribuito in maniera significativa a questo allontanamento, ma anche il carovita e l’inflazione – in maniera indiretta -, gli scarsi investimenti, la latitanza di fondi e risorse, e le situazioni complicate in cui si trovano le strutture e gli impianti atti all’attività sportiva hanno un peso rilevante.
Le ragioni della disaffezione alle attività sportive
Partiamo proprio dalla fine, dagli impianti e le strutture sportive. In Italia sei bambini su dieci praticano sport durante il proprio tempo libero. Tuttavia, tale dato, si ottiene per lo più tra il Centro e il Nord della penisola. Ci siamo appellati a questa statistica perché il fattore determinante, stando a un recente rapporto Istat, sembra essere proprio la scarsa dotazione territoriale degli impianti sportivi. Se in Campania, Sicilia e Basilicata meno di un bambino su due fa sport – inteso anche saltuariamente – il problema è da imputarsi maggiormente alla latitanza di strutture adeguate sul territorio.
Certo, nell’indagine si precisa che concorrono diversi fattori, tra cui la disponibilità economica delle famiglie e la mancanza di tempo da dedicare alle attività fisiche, tuttavia, si evidenzia quanto sia importante la mancanza di un luogo fisico per praticare sport. Il tema è costantemente affrontato da tutte quelle realtà che rendono vivo il settore, come enti e associazioni, ma gestito poco concretamente da parte delle istituzioni. D’altra parte si tratta di un argomento complesso che però, come abbiamo spiegato, è essenziale perché riguarda in maniera diretta la crescita degli individui.
Abbiamo fatto cenno anche alla precarietà. Le famiglie meno abbienti non sempre hanno la possibilità di far frequentare a uno o più figli le attività sportive. Talvolta alcuni istituti scolastici organizzano dei corsi ad hoc anche lontano dall’orario delle lezioni, ma non basta, o comunque non si tratta di una pratica diffusa ovunque. Le risorse da investire, dunque, non riguardano solo le strutture vere e proprie, ma anche fornire gli strumenti alle famiglie per concedere ai minori che ne fanno parte di intraprendere un percorso sportivo.
Il contesto
Infine, apriamo una riflessione sul contesto. Le preoccupazioni legate agli effetti della pandemia hanno reso reticenti i genitori e i minori stessi. Riapprocciarsi alla normalità non è stato e non è semplice. Tornare alla socialità, su un campo da calcio o in una scuola di danza, è stato ed è un compito molto più difficile di quanto ci si aspettasse. Riacquisire l’indipendenza dalla casa e dalla famiglia, rimettersi in gioco e provare a sfidare sé stessi: tutti passi di una difficoltà estrema dopo due anni di grandi timori e incertezze.
È il momento, però, di riportare le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi allo sport: bisogna trasmettere loro l’importanza dell’attività fisica, guidarli verso una nuova normalità. Ogni membro della società ha un ruolo significativo in questo lungo processo: parliamo di un impegno collettivo, dove istituzioni, autorità e cittadini devono collaborare e camminare insieme e devono farlo tenendo a mente quanto sia giusto e indispensabile consentire alle future generazioni la costruzione di un futuro solido.