Il mondo non è andato avanti come ci piace pensare, gli strascichi della pandemia sono molto evidenti e persistono. A tal proposito, negli Stati Uniti è stato diffuso un documento contenente delle linee guida al fine di individuare e intervenire sui disturbi mentali in aumento dopo lockdown, quarantene, vaccini e tutto ciò che la comparsa del Covid-19 ha comportato negli adulti sotto i 65 anni. Il lavoro di screening è stato raccomandato da un gruppo di medici. Una vera e propria task force che prende il nome di Us Preventive Services.
Ciò sulla basi di indagini e studi che hanno certificato numeri in aumento in riferimento ad alcune patologie come lo stato depressivo. Inoltre, come per gli altri Paesi del mondo, la salute mentale dei cittadini ha subito ulteriori contraccolpi a causa dell’inflazione e contestualmente delle difficoltà economiche. È il New York Times a fornire i dettagli di questo nuovo approccio degli USA nei confronti dei disturbi mentali. Lo storico quotidiano riporta anche dichiarazioni di voci autorevoli del settore interrogate per comprendere se effettivamente queste linee guida che i medici di base dovrebbero adottare e applicare possano avere un riscontro positivo.
Aumento di ansia e depressione in tutta la popolazione mondiale
Chiariamo, altresì, che l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, dà contezza di un aumento di ansia e di depressione del 25% in tutta la popolazione mondiale durante il primo anno di pandemia. Aggiungiamo un ulteriore tassello prima di procedere con l’approfondimento delle linee guida dettate dalla task force Us Preventive Services.
Nel maggio del 2020, quando ancora le strade erano vuote e silenziose e le file per accedere ai servizi richiedevano accortezze come distanziamento, guanti e mascherine, a Minneapolis si consumava una tragedia che costrinse i cittadini a bypassare il pericolo del virus e a scendere in piazza per protestare: il 25 maggio veniva ammazzato George Floyd. L’evento ha significato per le donne e gli uomini di colore, ma più in generale per tutti coloro che ritengono sacri e universali i diritti umani, l’ennesimo colpo di matrice razzista. I disturbi mentali e lo stress derivati da questo episodio, e da tutti gli altri che lo hanno preceduto, si sono perpetuati tanto da aggravare una condizione già messa a dura prova.
Fatte le dovute premesse, passiamo ad analizzare le specifiche dello screening richiesto dalla Us Preventive Services.
“Bisogno critico”: perché i medici degli USA chiedono uno screening
Interpellata dal New York Times, Lori Pbert, psicologa clinica e docente presso la Chan Medical School dell’Università del Massachusetts e membro della task force Us Preventive Services, ha parlato di “bisogno critico”. Ossia, Pbert spiega che le linee guida e le raccomandazioni che le accompagnano arrivano perché: “è in atto una crisi in questo Paese. La nostra unica speranza è che così facendo venga messa in luce la necessità di agevolare l’accesso all’assistenza sanitaria mentale e con urgenza”. La psicologa fa quindi anche riferimento alle difficoltà legate all’assistenza sanitaria. Negli Stati Uniti, anche a causa dell’andamento ballerino dell’economia mondiale, le criticità aumentano continuamente.
Il NYT riferisce poi un dato significativo. Dall’agosto del 2020 al febbraio del 2021 la quantità di adulti con sintomi di ansia e/o disturbi depressivi è aumentata al 41,5% dal 36,4%. Dunque sembra evidente che un’azione sarebbe ed è necessaria. Chiariamo che le linee guida di cui si parla, attualmente, sono state diffuse in forma di bozza. Sono ancora diversi gli step da superare prima che medici di base, psichiatri e psicologi possano applicarle.
Ma se è necessario, allora, cosa c’è da attendere? La risposta arriva da alcuni psicologi e psichiatri che non sono nella task force, ma che hanno un’opinione autorevole da esprimere in merito. Pur ritenendo importante questa misura, proprio perché volta a evidenziare che un problema c’è e non è semplice combatterlo, ci sono diverse criticità da affrontare.
La prima, secondo Jeffrey Sttab, psichiatra e presidente del dipartimento di psichiatria e psicologia della Mayo Clinic a Rochester, è che le persone vengano selezionate per lo screening, ma poi: “se è tutto ciò che accade e niente altro, sarà una perdita di tempo”. Un’altra problematica, secondo Sttab, si configura nella possibilità di una “prescrizione eccessiva e non sempre necessaria”.
A parlare, poi, sono stati anche i medici di base. Questi ritengono che seguire le linee guida di cui si parla sarebbe davvero troppo gravoso. Anche considerando che hanno già molte responsabilità a cui dover far fronte.
Chi secondo la task force è più a rischio di disturbi mentali?
Dagli studi statistici presi in considerazione della task force emerge che sono le donne under 65 a soffrire maggiormente delle patologie legate alla salute mentale. Inoltre si evidenzia anche che le persone di colore sono sottorappresentate nella ricerca che riguarda la salute mentale, cosa che dà vita a un ciclo di iniquità.
Anche da questo appunto si evince quanto le disparità razziali rappresentino un problema non ancora superato, anzi, negli Stati Uniti. A tal proposito, la dottoressa Pbert ha dichiarato al NYT: “La standardizzazione dello screening per tutti i pazienti potrebbe aiutare a combattere gli effetti del razzismo, dei pregiudizi impliciti e di altri problemi sistemici in campo medico”.
Il documento redatto dalla Us Preventive Services resterà in forma di bozza e aperta a eventuali cambiamenti fino al prossimo 17 ottobre.
Disturbi mentali: e in Italia?
Doxa ha recentemente effettuato un’indagine sulla salute mentale nel nostro Paese in occasione del Festival della Salute Mentale Ro.Mens, evento organizzato dal dipartimento di Salute Mentale dell’Asl Roma 2. Si evince che otto italiani su dieci sono consapevoli di aver avuto a che fare con persone con un disturbo mentale. Si aggiunge anche che c’è ancora molta reticenza nell’esternare i propri problemi psicologici. Il 78% afferma che ne parlerebbe solo con le persone care o con gli amici più stretti. Mentre il 22% ritiene che preferirebbe non riferire a nessuno delle proprie problematiche.
Lo studio ha coinvolto mille persone. Si è notato come donne e uomini pensino che sia il proprio genere di appartenenza a soffrire per la maggiore di disturbi mentali. A tal proposito, Massimo Cozza, direttore Dsm Asl Roma 2, spiega: “Il 60% degli uomini pensa che sia il sesso maschile quello più incline ad avere problemi di salute mentale dettati dallo stress, mentre il 40% lo attribuisce alle donne; le donne, dal canto proprio invece ritengono che il 60% della popolazione femminile ad essere più incline”.
L’impatto della pandemia
Alcuni mesi fa, inoltre, un’analisi del dipartimento di Scienze Biomediche della Humanitas University ha determinato che la pandemia ha avuto un impatto molto significativo anche nel nostro Paese in tema di salute mentale. Se ne è ricavato che il 21% ha visto un deterioramento del rapporto con la/il partner, mentre il 13% della relazione con i propri figli. Il peggioramento dei rapporti, come si legge, è dovuto larga parte allo stress e agli stati d’ansia crescenti.
Queste le cause anche di un maggiore affaticamento sul lavoro, cosa che ha spinto molti o a cambiare impiego o a strizzare l’occhio al workation e ad abbracciare la filosofia YOLO, You Only Live Once, andando così a ritrovare un nuovo work life balance.
Ad ogni modo, anche in Italia si registra una richiesta crescente di servizi per i disturbi mentali. I casi di depressione crescono nel nostro Paese non solo per via della pandemia, ma anche a causa del carovita, proprio come negli Stati Uniti.