Disagio giovanile, non può essere solo colpa della tecnologia

È solare che ci sia qualcosa che non va. Se alcuni adolescenti, per puro divertimento, decidono di lanciare un gattino indifeso da un ponte e di riprendere l’orribile scena con uno smartphone, condividendo il gesto disumano sui social network, allora vuol dire che c’è un grave problema di disagio da affrontare. Il maltrattamento di un animale non è da sottovalutare. È indice di pericolosità sociale ed è correlato ad altri fenomeni di violenza e prevaricazione. Lo dicono la statistica e gli studi clinici effettuati per analizzare gli episodi di bullismo o cyberbullismo

Fermare questa deriva sociale è diventato un imperativo, una missione a tutti gli effetti. Per intervenire, però, bisogna indagare in maniera approfondita e porsi delle domande sui motivi che spingono dei giovani a compiere una simile barbarie. Non ci si può permettere di ridurre il campo di azione e di incolpare, in maniera fin troppo semplicistica, la tecnologia, i device e i social network. Sebbene l’idea sembri anche suggestiva, non è supportata dalla scienza. 

Disagio giovanile: troppo semplicistico incolpare i device e i social media

Sicuramente, a partire dal lockdown, i social media hanno fagocitato il mondo. Hanno effettuato un upgrade del loro stato, passando dall’essere una rete sociale ad avere una funzione totalizzante sulla nostra quotidianità. Non sbagliamo affatto se affermiamo che, oggi, le app e le piattaforme come Facebook, Instagram e Tik Tok, solo per citare le più note, rappresentano il chilometro zero delle nostre vite e della nostra creatività. In questi spazi digitali e virtuali costruiamo le nostre relazioni, pardon interazioni. 

Le nostre vite, insomma, si consumano dietro ad uno schermo. Anzi, vengono mediate da un device mobile che ci permettere di restare fermi, immobili, mentre un algoritmo, sulla base dei nostri gusti, delle nostre preferenze e delle nostre relazioni, ci mostra che cosa ci può piacere e quale contenuto faccia al caso nostro.

È proprio quella formula matematica, utilizzata dai social network, a governare la nostra navigazione, il nostro modo di osservare il mondo circostante. Ci intrattiene, ci informa, ci influenza e ci condiziona. È talmente potente che può trasformare un contenuto vuoto e privo di significati oppure un prodotto, anche di pessimo gusto, o un gesto abominevole e deplorevole, come lanciare un gattino da un ponte, in qualcosa di virale. Attenzione: l’aggettivo virale, però, non sottintende che il prodotto audiovisivo o fotografico creato sia interessante o di valore, bensì soltanto capace di catturare l’attenzione. 

Numeri che possono spiegare il disagio giovanile

La domanda a questo punto è sacrosanta: l’esasperato progresso tecnologico e effimerità dei social network generano solo effetti negativi e devono essere individuati come i principali colpevoli del disagio giovanile? La risposta è affermativa solo in un caso, ossia quando si sostituiscono completamente al gioco libero e all’attività all’aria aperta. A riportarlo è un’inchiesta de El Pais. Ultimamente, il giornale spagnolo ha trattato l’argomento, segno che anche nella penisola iberica la condizione degli adolescenti sia di primaria importanza. Secondo lo studio spagnolo condotto da OnePoll, solo il 27% dei bambini gioca per strada. Un dato inferiore di 44 punti percentuali rispetto a quello dei loro nonni, i baby boomer.

I numeri hanno la capacità di illustrare perfettamente una situazione e di porre l’accento su alcune voci interessanti. In Italia, ad esempio, l’indagine dell’impresa sociale “Come i Bambini”, condotta con Fondazione Openpolis nel 2023, ci scatta una fotografia con parecchi alert.

Dal documento pubblicato si evince che oltre 65.000 studenti tra gli 11 e i 17 anni, pari all’1,6% del campione, sarebbero a rischio isolamento sociale (il dato si riferisce ai sei mesi precedenti la rilevazione dell’Istituto Superiore della Sanità) e che oltre 100mila (2,5% del campione) presenterebbero caratteristiche con la dipendenza da social media. Significativa è poi la percentuale di adolescenti che vedono tutti i giorni i loro amici. Dal 2006 al 2023, i dati sono peggiorati. Sono passati dal 69% per la fascia di età 15-17 anni (67,4%, invece, il dato per il target 11-14 anni) al 30,1% del 2023 (per i più piccoli parliamo di un 27,6%). 

Agli adolescenti mancano le relazioni reali

La mancanza di relazioni reali, come ha affermato al Corriere della Sera la Dottoressa Elisa Fazzi, Direttore della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza ASST Spedali Civili di Brescia e presidente dell’associazione SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), deve essere altresì inserita tra le varie cause del disagio giovanile. Un disagio che tocca la sfera emotiva, affettiva e relazionale, che nasconde spesso insoddisfazione e che può sfociare in forme di aggressività.

Se i fattori del disagio sono molteplici, le soluzioni  possono essere diverse. Anzi, dovrebbero integrare in un colpo solo tutte le agenzie educative. Dalla scuola alla famiglia, passando per lo sport ed il terzo settore, ogni protagonista sociale deve trasformarsi in una sentinella capace di intercettare il malessere, le devianze, gli episodi di autolesionismo e di violenza o prevaricazione che possono divampare tra gli adolescenti.

Uniti contro il bullismo, le violenze e le devianze

Risorse.news ha portato alla vostra attenzione best practice che cercano di estirpare dalla società la piaga del bullismo e del cyber bullismo. Tra queste, merita senza dubbio una menzione “Campioni di Vita – No al bullismo”, un’iniziativa promossa dall’Osservatorio Nazionale Bullismo e Disagio Giovanile, Gestione Cittadella e OPES.

Dopo la presentazione in Senato, alla quale hanno presenziato autorità del calibro dell’On. Maria Teresa Bellucci, Vice ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, e testimonial sportivi come Elisa Di Francisca, Alessia Zecchini, Manuel Bortuzzo, Francesco Bonanni, Emanuele Blandamura, Stefano Maniscalco e Matteo Fiore (tra i sostenitori dell’iniziativa non ci sono solo atleti o ex atleti, ma figurano personaggi dello spettacolo come Carlo Verdone, Niccolò Fabi e Gabriele Corsi), l’importante progetto è approdato anche alla Regione Lazio.

I promotori, insieme all’Assessore al Turismo, Ambiente, Sport, Cambiamenti climatici, Transizione energetica e Sostenibilità, Elena Palazzo, hanno illustrato “Campioni di Vita – No al Bullismo” ai dirigenti scolastici. L’intento, come ha raccontato l’Assessore Palazzo, è quello di coinvolgere e responsabilizzare ogni  attore dell’educazione dei giovani sulle tematiche che  riguardano il disagio giovanile. 

Le idee e le iniziative in ogni ambito, in primis quello scolastico e sportivo, non mancano. Gli intenti sono ammirevoli. Gli strumenti messi a disposizione dal Governo, come ci ha illustrato Michele Grillo (clicca qui per leggere l’articolo), ci sono. Forse servirebbe maggiore cura nell’educare i più giovani alla tecnologia, all’emozione e ai sentimenti ed un maggiore coinvolgimento attivo del target di riferimento. In ogni caso, per vedere un miglioramento degli indicatori sul disagio giovanile e per non parlare più di atti di violenza, come il lancio di un gattino da un ponte, servirà del tempo.

La sensazione è che, oggi, come recitava Lucio Dalla in una canzone del 1977, l’impresa eccezionale è essere normale. E nell’era dell’apparenza, dell’effimerità dei social media, di modelli sbagliati, che ci spingono ad essere perfetti, adeguati a certi canoni, iper-competitivi e ad avere successo per essere accettati, non è un concetto banale. 

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